domenica 28 ottobre 2012
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Gentile direttore,
al posto suo avrei titolato l’editoriale del 25 ottobre 'Un altro passo avanti verso la Presidenza della Repubblica'.
È chiaro infatti che l’onorevole Berlusconi col suo presunto 'ritiro' dalla scena politica mira – previa scelta del suo prossimo 'avatar' alle cosiddette primarie del PdL (o come si chiamerà la prossima versione del partito­azienda) – essenzialmente a due scopi immediati: 1) recuperare consensi dopo gli scandali che hanno distrutto la sua credibilità, presentando il suo partito personale come il nuovo partito dei moderati e magari dei cattolici; 2) farsi ripagare profumatamente il bel gesto con una norma 'salva-Ruby' per annichilire il processo in corso a Milano. Entrambi gli obiettivi predetti sono poi funzionali a quello ultimo: la conquista della Presidenza della Repubblica. Al riguardo le propongo una scommessa: se il prossimo presidente dopo Napolitano non si chiamerà Berlusconi (ovviamente in caso di vittoria del centrodestra) le offro il caffè in un bar a sua scelta; se invece ho ragione io, il caffè (amaro) lo offre lei.
Raffaele Ferro, Trento
 
La politica non è una scienza esatta, caro signor Ferro, e io non sono certo infallibile nelle mie valutazioni, ma scrivo quel che penso, e provo a farlo a ragion veduta. Non tutto ciò che continua ad accadere sulla scena pubblica mi sembra altrettanto ragionevole. Ma tant’è: non mi ci sono abituato – come molti altri italiani – negli anni scorsi, non mi ci rassegnerò certo adesso che una fase politica s’è esaurita. Per esempio: assistere, ieri, alla duplice contemporanea “manifestazione” contro il governo guidato da Mario Monti di Silvio Berlusconi (a parole) e dei centri sociali di sinistra (in piazza) mi ha confermato nell’idea che a “tenaglie” di questo tipo bisogna proprio sottrarsi una volta per tutte se vogliamo bene al Paese e a noi stessi. È questo l’unico scenario futuro che mi piace ora considerare, non quello delle pur importanti e importantissime “poltrone” che saranno in palio nella prossima primavera.
C’è in palio ben di più della sistemazione di qualche big più o meno presunto. Qui si tratta della qualità della nostra democrazia. Per questo continuo a sperare che il bipolarismo italiano arrivi – magari gradualmente, ma il processo deve partire adesso – a maturità e a vero equilibrio: saldi princìpi comuni, poteri ben delineati e non confliggenti, diversità politiche limpide e anche forti eppure mai rissose.
Non voglio tuttavia sottrarmi, gentile lettore, alla sua garbata “sfida” finale. Che, in tutta franchezza, mi pare un po’ avventata: credo, cioè, che l’ipotesi “Berlusconi presidente della Repubblica” sia ormai semplicemente inimmaginabile. So che l’ex premier medita di «restare in campo per riformare la giustizia» (senza rendersi conto che è anche per il suo stare in campo che la giustizia italiana per 18 lunghi anni nessuno è riuscito a riformarla).
Ma so pure che la politica è arte del possibile, non dell’impossibile. Per chiunque.
Comunque, ne riparliamo tra qualche mese: non scommetto mai, però un buon caffé in compagnia lo bevo sempre volentieri.
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