venerdì 26 giugno 2015
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Leggendo Laudato si’ siamo invitati a prendere coscienza di avere tutti una casa comune; non solo da custodire ma anche da contemplare, di cui gioire con sobrietà e umiltà. È come se papa Francesco ci facesse salire su un vettore spaziale e, come accadde agli astronauti della missione Apollo 8 nel Natale del 1968, ci mostrasse per la prima volta il nostro pianeta azzurro con una nuova profondità di campo, quella visibile da un’orbita attorno alla luna. Al vederlo con questa nuova prospettiva, ne cogliamo la fragilità, ma anche la realtà che fa di tutti noi un’unica famiglia, interrogandoci sulla nostra comune dipendenza da un Creatore. È proprio quest’ultima relazione, afferma l’enciclica, che fonda i motivi del nostro agire responsabile e conferisce speranza al nostro futuro. Ogni nostra azione, per piccola che possa sembrare, ha un valore morale e relazionale. Uomini potenti e uomini comuni, tutti siamo invitati a riflettere sulle conseguenze dei nostri comportamenti, perché essi non sono mai privati, neutri: su un pianeta come il nostro ogni gesto entra in relazione con gli altri, edifica o distrugge, conserva o spreca, valorizza o umilia, custodisce o trascura. Il testo, in sostanza, si dirige in modo chiaro ed energico contro l’individualismo, ma non si esaurisce per questo in una condanna: è l’invito a rispettare quanto abbiamo ricevuto e a costruire insieme una creazione ancora in status viae.Non condivido quelle letture secondo cui il testo criticherebbe la tecnologia. Scienza e religione, si legge nell’enciclica, pur fornendo approcci diversi alla realtà, devono entrare in dialogo intenso e produttivo (n.62); anzi, per costruire un’ecologia che permetta di riparare ciò che abbiamo distrutto, nessun ramo delle scienze può essere trascurato (n.63). Papa Francesco prende le distanze da una visione neutrale della scienza o della tecnica. Esse sono azioni dell’uomo e dunque legate a una specifica valutazione morale (n.107) La tecnologia comporta dei rischi, ma il suo progresso e la sua creatività non vanno arrestati (nn.103-104). Affinché la scienza e la tecnica cooperino al bene è necessario che l’operatore scientifico cresca in umanità e saggezza. Ritroviamo quanto Guardini aveva indicato sia ne La fine dell’epoca moderna (1950), più volte citata da papa Francesco, sia nel saggio Lettere dal Lago di Como (1925) a proposito della necessità di una valorizzazione umanistica della tecnica. «L’uomo moderno non è stato educato al retto uso della potenza, perché l’immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell’essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza» (n.105).Qualche spirito critico potrà distanziarsi da alcune affermazioni del testo, specie se prese alla lettera. Lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione (n.89), ad esempio, sembrerebbe ignorare che, in un quadro evolutivo, la maggior parte delle specie biologiche si estinguono per dare origine a morfologie maggiormente in sintonia con l’ambiente, e che la comparsa della specie umana si è necessariamente giovata proprio di tali estinzioni. In realtà, l’enciclica afferma che ogni vivente – passato, presente o futuro – partecipa della sacralità della vita, che ha in Dio la sua fonte.L’idea, poi, che il comportamento umano sia all’origine di vere e proprie catastrofi naturali (n.161) potrebbe sorprendere qualcuno, ma il Pontefice si riferisce a una tipologia piuttosto ampia di danni, che non va sempre identificata con sconvolgimenti geologici di grande scala. L’affermazione che la maggior parte degli scienziati riconoscano il riscaldamento globale (nn.23,51) potrebbe risultare non condivisibile, ma è un dato oggettivo che tale capitolo sia all’ordine del giorno di Conferenze internazionali dove gli uomini di scienza sono ascoltati e si confrontano fra loro. L’opzione espressa, infine, in favore delle energie alternative e rinnovabili da preferire ai combustibili fossili (n.165) potrebbe forse non tener conto che, allo stadio attuale, tali energie non sempre implicano dei cicli meno inquinanti, ma resta pur sempre vero che la direzione verso la quale muoversi non potrà essere che quella.La custodia del pianeta, ma anche la cura e lo sviluppo del tessuto di relazioni antropologiche, storiche e culturali associate alla nozione di «ecologia integrale», è un fecondo terreno di incontro per diversi popoli e culture, una preziosa occasione di dialogo fra le religioni. Può essere un nuovo punto di partenza per tornare a guardare il nostro pianeta azzurro con la prospettiva giusta: non solo un luogo di risorse da ottimizzare e di spazi da condividere, ma anche il luogo che custodisce la memoria di un dono del Creatore, la vita di ciascun essere umano, di ogni vivente che ci ha preceduto e che verrà.
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