venerdì 7 dicembre 2018
Parla Maurice Glasman, membro della Camera dei Lord, una delle figure più autorevoli e anche discusse della sinistra inglese. Critico dell’Europa, ammira Papa Francesco
«Sull'orlo della Brexit, Londra ha bisogno di valori e comunità»
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Un Paese che non riconosce più se stesso. A pochi giorni dal voto alla Camera dei Comuni sull’accordo per l’uscita dalla Ue che potrebbe cambiare il corso della sua storia, il Regno Unito si ritrova profondamente diviso, con un’élite politica chiusa in un dibattito sull'Europa che i cittadini meno informati fanno fatica a capire. Brexit, questa partita di calcio importantissima, per la quale tutti fanno il tifo, senza che nessuno possa vincere davvero, sta portando la Gran Bretagna verso una rottura che la maggioranza della gente ritiene inevitabile senza però sapere bene come farci i conti. Per non parlare del paradosso dei politici Tory, come la premier Theresa May, che non credono nella Brexit, ma devono portarla avanti a tutti i costi.

Sotto un Big Ben avvolto dalle impalcature, fuori da un Parlamento di Westminster mai così tormentato, i membri del 'People’s vote', il partito che chiede un voto popolare sull’accordo negoziato dal primo ministro, gridano con convinzione i loro slogan. Alla 'peer entrance', l’ingresso alla Camera dei Lords, incontriamo Maurice Glasman, uno degli intellettuali più interessanti, complessi e discussi della sinistra. Un ebreo che va in sinagoga per lo Shabbat e vive con la moglie Catherine e i quattro figli in un appartamento sopra un negozio di tessuti nel quartiere londinese di Stoke Newington. Già docente alla Johns Hopkins University di Bologna e poi alla londinese Metropolitan University, nel 2008 Glasman fonda il 'Blue Labour', movimento di rinnovamento del Partito laburista britannico per tornare alle radici più tradizionali delle classi lavoratrici, riscoprendo la comunità e i valori persi con l’individualismo e il liberismo. Un’esperienza di successo che ha rilanciato un fervore di associazioni, sindacati e movimenti cristiani, soprattutto in quelle zone povere del Nord-Est dell’Inghilterra che hanno votato a favore della Brexit.

Per questo motivo Ed Miliband sceglie Glasman per la Camera dei Lord nel 2010, collocandolo al centro del sistema politico britannico in segno di riconoscimento del suo impegno, lungo dieci anni, orientato a costruire comunità più forti dal punto di vista sociale e religioso. «La Brexit è un ritorno in grande stile della politica che, all’improvviso, conta davvero. Un vero esercizio di democrazia – dice adesso ad 'Avvenire' il Pari del Regno –, per la prima volta, da molto tempo, quello che succede dentro queste mura parlamentari importa al resto del Paese, un po’ come è successo in Scozia prima del referendum sull’indipendenza ». «Dovunque – prosegue – vado che la gente vuole capire quello che sta succedendo e mi fa domande. Le divisioni sono un’occasione positiva, un’opportunità per lavorare».

Glasman, che parla bene italiano, cita i 'Quaderni del carcere' di Antonio Gramsci, quell’«interregno dove il vecchio muore e il nuovo non può nascere e dove si verificano i fenomeni morbosi più svariati » e racconta questa battaglia tra destra e sinistra per l’egemonia che non è ancora stata vinta da nessuno. Il Lord, però, è schierato decisamente sul fronte anti-Ue (anche con aperture all’estrema destra, favorevole a limitazioni dell’immigrazione) e ap- partiene a quel partito di gente comune «che non ha paura di rischiare quell’impoverimento, agitato durante la campagna per il referendum come uno spauracchio, pur di avere un Paese più giusto e democratico, proprio come è capitato durante le due guerre mondiali». E la via d’uscita da questa crisi gramsciana? «Sta nel bene comune, quel dono meraviglioso che la Chiesa cattolica ha fatto al mondo e per il quale le sono profondamente grato». Glasman l’ha scoperto mentre faceva un dottorato di ricerca all’Istituto europeo di Firenze, alla fine degli anni Ottanta. La sua fidanzata italiana gli regalò per Natale una copia delle encicliche 'Rerum Novarum', 'Laborem exercens' e 'Centesimus Annus'. «Nella stesura della mia tesi per il dottorato di ricerca, ero bloccato dall’impossibilità delle dottrine liberali e keynesiane e anche marxiste di spiegare l’economia della Germania occidentale, le banche regionali, la rappresentanza dei lavoratori, il mercato del lavoro e la governance aziendale. Quella nuova prospettiva mi aprì gli occhi e mi ha cambiato la vita».

In seguito Glasman ha dato alle stampe quel difficile parto intellettuale con il titolo di 'Una sofferenza non necessaria. Gestire l’utopia del mercato', pubblicato dalla Penguin.

Si tratta di un saggio che descrive l’arrivo del thatcherismo nella Polonia postcomunista, e che lo stesso Glasman ha regalato a Papa Francesco durante una visita in Vaticano nel 2014, ricevendo dal Pontefice una medaglia che tiene molto cara. «È stato un grande momento per me. Il Santo Padre è rimasto assai colpito dal fatto che la dottrina sociale cattolica attualmente sia conosciuta e diffusa dappertutto in Gran Bretagna, usata dalla City per riprendersi dal tracollo del 2008 e necessaria adesso dentro la crisi della Brexit». Il motivo, secondo Glasman, è «l’idea che diversi gruppi, con varie estrazioni e appartenenze religiose ma anche sociali e economiche, possano negoziare un bene comune. Un metodo e un traguardo molto importanti per gli inglesi, perché il Paese si avvia su una nuova strada e deve trovare un modo di convivere». Anche l’esperienza di 'Blue Labour' proviene dal pensiero cattolico. «Collaborando con il sacerdote John Armitage, nell’'East End', la parte più povera di Londra, ho scoperto in materia di 'living wage', il salario minimo, il valore della famiglia insieme a quello del lavoro. Ed è dalla combinazione di questi valori, alcuni ritenuti più affini al pensiero conservatore, con il socialismo che è nato 'Blue Labour'», spiega Glasman.

Oggi questo pari del Regno, insieme al capo economista della Banca d’Inghilterra, Andy Haldane, con la sua fondazione 'The Common Good Foundation', intitolata proprio al bene comune, è impegnato in prima linea a promuovere la presenza dei lavoratori nei consigli di amministrazione delle aziende e delle banche regionali. Non solo. Ha in programma una serie di seminari per stimolare il dialogo tra le diverse tradizioni religiose al fine di portare la riflessione sul sacro dentro nell’istruzione nazionale. Non manca un impegno per il dialogo interreligioso: rappresentanti della comunità sciita arriveranno da Najaf, in Iraq, per un incontro sul tema della condivisione dell’acqua, al quale saranno invitati anche il primate cattolico, Vincent Nichols, quello anglicano, Justin Welby, e il rabbino capo del Commonwealth, Ephraim Mirvis.

Secondo Lord Glasman, la religione e le scuole gestite dalle varie fedi – cattoliche, anglicane, ebree, musulmane – sono a rischio nel Regno Unito liberale e secolarizzato di oggi. «Si sta cercando di fare approvare una legislazione che rende illegale criticare l’ideologia del gender, mentre il dibattito attorno alla sessualità appartiene alla sfera politica e democratica», spiega. «L’agenda dei diritti umani parte dalla premessa, che tutti dovremmo condividere, che gli esseri umani godono di uguale dignità e rispetto. Ma poi allarga questa premessa fino a subordinare la discussione pubblica e persino la politica a un ordine del giorno molto ideologico. Si vuole affermare l’idea che siamo individui che scelgono liberamente, al di fuori di qualunque relazione e comunità, una visione dell’uomo e della libertà profondamente individualista ». E profondamente insoddisfacente.

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