mercoledì 11 ottobre 2023
Mantenere unita una comunità che vive una situazione difficile, raccogliere le istanze di chi si sente emarginato, rafforzare la fede: così oggi in Venezuela la Rete si fa mezzo di evangelizzazione
Una celebrazione in una parrocchia di Caracas ripresa con lo smartphone e diffusa via social

Una celebrazione in una parrocchia di Caracas ripresa con lo smartphone e diffusa via social - Facebook Arquidiocesisdecaracas

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Il 28 maggio, solennità di Pentecoste, il Dicastero vaticano per la Comunicazione guidato da Paolo Ruffini ha pubblicato «Verso una piena presenza. Riflessione pastorale sul coinvolgimento con i social media» (QUI IL TESTO). Avvenire sta proponendo una serie di riflessioni ed esperienze su questo attualissimo tema.


«Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a tutte le creature » (Marco 16,9-15) è l'appello di Gesù Cristo che risuona in Venezuela e trova risposta nelle piattaforme digitali della vicaria dei media dell'Arcidiocesi di Caracas. Dal 2018, con l'arrivo del cardinale Porras, la Chiesa venezuelana ha assunto il compito dell'evangelizzazione attraverso i nuovi canali e mezzi di comunicazione offerti dalle attuali tecnologie per raggiungere milioni di persone nel mondo. Una giovane équipe risponde alla sfida che papa Benedetto XVI ha lanciato nel messaggio per la Giornata mondiale della gioventù (Gmg) di Rio del 2012 a essere missionari su Internet. I vertiginosi cambiamenti del mondo attuale, con le sue molteplici risorse tecnologiche, sono un'opportunità per diffondere il messaggio di salvezza di Cristo. Circostanze dolorose e travolgenti come la pandemia, inoltre, ci hanno costretti a trovare metodi creativi per rompere l’isolamento.

Papa Francesco il 27 marzo 2020 da piazza San Pietro, che era “vuota”, ha potuto riempirla e connetterla con la trasmissione a distanza più potente della storia della Chiesa per pregare e accompagnare il “mondo in confinamento”. La recente riflessione del Dicastero vaticano per la Comunicazione – Verso una piena presenza – offre cifre e uno sguardo abbastanza completo sull’interazione sociopastorale della Chiesa nei social network, in Internet e nell’intelligenza artificiale. Anche dall'America Latina vogliamo offrire il nostro contributo. Al momento, la Conferenza episcopale venezuelana (Cev) ha 35.500 follower e 3.344 pubblicazioni su Instagram. Sull'ex Twitter, ora chiamato “X”, ha 52.600 follower, e su Facebook 34mila. Non ha un account TikTok. Mentre l'arcidiocesi di Caracas, in Venezuela, supera la Cev con il suo account Instagram da 58.300 follower e 9.862 pubblicazioni, con una crescita media mensile di mille follower. Il suo account “X” ha 33.536 follower, con un incremento medio mensile di 420. Su Facebook la seguono in 37mila, e 850 si aggiungono ogni mese. Stiamo cominciando su TikTok dove abbiamo 123 follower. Le altre diocesi venezuelane evangelizzano sui social network, ma con cifre meno impattanti.

L'Arcidiocesi di Barquisimeto è la più attiva con 33.300 follower su Instagram e 3.451 pubblicazioni. Il suo account “X” ha 3.748 follower e quello Facebook 11mila. È interessante fare una comparazione con l’evangelizzazione digitale portata avanti nella Chiesa latinoamericana. L’Arcidiocesi di Città del Messico ha 53.700 follower e 5.109 pubblicazioni su Instagram, 312mia su Facebook, 29.500 su X. Quella di Buenos Aires ne ha 4.403 su Instagram, 6.362 su X e 21 su TikTok. L'arcidiocesi di Lima ha 10mila follower su Instagram, 18.600 su X e 141mila su Facebook. Quella di Bogotá è seguita su Facebook da 6.809 persone, su Facebook da 40mila e su Twitter da 8.859. Le differenze numeriche dei rispettivi account digitali sono eloquenti perché mostrano la popolazione raggiunta e l'interesse per i loro contenuti.

In genere, Facebook è seguito dai gruppi sociali più umili, mentre Instagram dalla classe media. Lima ha raggiunto il primato su Facebook, mentre su Instagram è molto distante, numericamente, da Caracas. Allo stesso modo, l’influenza dell’Arcidiocesi di Caracas su X, con 33.536 follower (settembre 2023), evidenzia la sua forte penetrazione in tutti i settori della popolazione. Il suo account (“X” - Twitter, @ArquiCaracas) è seguito da giornalisti, agenzie di stampa e leader politici, che la considerano tra le più attendibili del Venezuela tra le fonti ecclesiali. In America Latina, la presenza della Chiesa nel mondo virtuale risponde alla chiamata evangelica del Buon Samaritano (Luca 10,25-37). Si propone di affrontare la “cultura dello scarto” digitale e di aiutarci a vicenda a uscire dalla nostra zona di comfort facendo lo sforzo di incontrarci. I vescovi e gli operatori pastorali vivono tra la gente povera, accompagnando e raccogliendo il grido di dolore dell'umanità sofferente che pellegrina attraverso il continente. I social network dell'Arcidiocesi di Caracas testimoniano, con foto e video, la presenza continuativa dell'arcivescovo, il cardinale Porras, nei quartieri più dimenticati della capitale, nei quali condivide le sofferenze degli abitanti e cerca di alleviarle con iniziative come la “Olla Solidaria”, ovvero pacchi di cibo, e la distribuzione di farmaci. Il nostro pastore è diventato balsamo per i feriti e conforto per gli emarginati. Il cardinale, amico e vicino, assume così la responsabilità che gli è richiesta in quanto testimone di Cristo, in quest'ora di agonia per la nostra nazione.

L'esperienza vissuta negli ultimi 5 anni con la Vicarìa per i Media ci ha fatto comprendere l’importanza dei social nel creare un canale diretto. Essi consentono l’incontro immediato con l’“altro”, in modo che le persone, i parrocchiani, possano connettersi con il “noi”. Attraverso le piattaforme possono esprimere le proprie idee, istanze, dubbi, critiche, inviando messaggi direttamente ai vescovi e ai vicari episcopali. Sono tante le testimonianze che abbiamo avuto modo di raccogliere. Alcuni ci scrivono per lamentarsi del trasferimento del parroco, altri ci chiedono aiuto per riparare il tetto di una cappella, altri ancora semplicemente ci ringraziano per aver consentito loro di partecipare all’Eucaristia domenicale celebrata dall’arcivescovo e diffusa attraverso le 270 radio e i 30 canali tv che abbiamo nel Paese. Noi preti, le suore e i consacrati non siamo presenti sui social network per “vendere un prodotto”. O per fare pubblicità. Vogliamo comunicare la vita, la vita che ci è stata donata in Cristo. In media, a Caracas, produciamo 767 video brevi all’anno, circa 240 reportage arricchiti da fotografie, infografiche e cartine di elevata qualità professionale e valore documentale. Solo come esempio, vorrei ricordare la solenne Messa di beatificazione del venezuelano José Gregorio Hernández trasmessa via social e seguita da 30 milioni di persone. Il Paese si è unito per celebrare colui che papa Francesco ha definito «Santo delle genti, apostolo della carità e missionario della speranza».

Un caso concreto di quella «interazione fedele e creativa sui social network» a cui ci invita il dicastero della Comunicazione nel suo recente intervento. Il nostro digitale non resta astratto e virtuale ma ci fa incarnare nelle realtà di sofferenza per le ingiustizie, sociali come pure celebrare insieme le feste liturgiche, le espressioni di pietà popolare e di resistenza culturale. Il nostro servizio è diventato il ponte che completa e permette l'incontro personale con il corpo, il cuore, lo sguardo e il respiro dell'altro. La rete ci fa restare connessi nella distanza, sempre in ascolto. Allo stesso tempo ci consente di coordinare le diverse attività pastorali e liturgiche. La Chiesa stessa è una rete intessuta dalla comunione eucaristica, in cui l'unità non si fonda sui “mi piace” ma sulla verità. Su quell’amen con il quale ciascuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri.

Vicario per i Media dell’Arcidiocesi di Caracas Presidente di «Red Joven Venezuela»
Traduzione di Lucia Capuzzi

6 - continua

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