Gabriele Petrolito, Vicepresidente Federazione medico sportiva italiana
Sono completamente d’accordo con lei, caro dottor Petrolito. Ci sono declinazioni della libertà (e della concezione liberale della vita) che vengono fatte lievitare in modo smisurato e irresponsabile, sino a diventare informi, irriconoscibili e persino impudenti caricature dell’idea di partenza. In certi ambienti intellettuali inclini al radicalismo sono diventate regola diffusa, ma per fortuna ci sono ancora e sempre assai più uomini liberi (e liberali) di ben altra tempra... C’è, però, anche un altro problemino: il mondo è – ahinoi – popolato da una vivace schiera di "tuttologi" avventurosi e sentenziosi (lo dico a ragion veduta, mi creda, e sapendo benissimo che nella mia categoria, quella dei giornalisti, non mancano di certo...). Proprio per questo non ci sarebbe affatto bisogno delle 'lezioni' date da 'specialisti' in libera uscita dalle proprie (anche esimie) competenze.Lo strano caso dell’uscita del professor Veronesi sul doping è un chiarissimo esempio di quel che ho appena ricordato. Come ormai si sa, il noto oncologo non disdegna le esternazioni e le incursioni polemiche a vasto raggio: svaria dalle profezie sul futuro – a proposito di un mondo di esseri (dis)umani che si riproducono solo in laboratorio – alle teorie, appunto, sulla par condicio dell’epo e fors’anche dell’anabolizzante, dalle campagne pro-eutanasia all’impegno pro-nucleare. Sono sue opinioni, più o meno condivisibili, più o meno ragionevoli, più o meno raccapriccianti o sconvolgenti. Ma anche per lui vale pienamente la regola che lei, caro amico, da consapevole uomo di cultura e di scienza qual è, evoca in modo così efficace e appropriato: ognuno può dire (quasi) tutto ciò che vuole, e può persino rinunciare al buon senso se non offende la buona educazione e la legge, ma abbia il ritegno di non impancarsi a maestro, quando non lo è. E, soprattutto, non rinunci mai a pensare a quel che dice e alla conseguenze delle pretese lezioni che impartisce.Un’autorevolezza riconosciuta comporta un dovere maggiore, non regala la licenza di straparlare. E il doping è un problema assai grave e serio, non un’opzione come un’altra nella vita delle persone e degli atleti. Su Avvenire ci torneremo presto su, affrontandolo come merita.Ricambio i suoi cordiali saluti.
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