mercoledì 23 giugno 2010
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Caro direttore,nella sua risposta al lettore di Carpi (Avvenire, 15 giugno) sul negato rilascio del visto turistico a una giovane filippina da parte dell’ambasciata italiana, credo sia più esatto dire che si tratta di ordinaria politica del governo italiano, non di ordinaria burocrazia e pignola ostinazione. Non si può dimenticare che il governo, la Lega Nord e il ministro Maroni hanno fatto della lotta all’immigrazione il loro principale obiettivo assieme al federalismo. Gli episodi narrati dal lettore e da Lei si verificano in Italia da molti anni. Si predica tanto a favore della famiglia in Italia, ma guai a difendere le famiglie degli immigrati. I ricongiungimenti familiari degli immigrati sono ostacolati in tutte le maniere. A quello del lettore si possono aggiungere migliaia di esempi.Luigi Palladino, RomaPer la verità, caro Palladino, io il 15 giugno ho scritto l’esatto contrario. E cioè di non considerare quella piccola grande storia di palese «ostracismo» nei confronti di una persona di altra cittadinanza «soltanto una vicenda di ordinaria burocrazia e di pignola ostinazione». E ho citato, a mia volta, un caso di incomprensibile ostilità pratica che reputo emblematico e di cui ho avuto perfetta conoscenza. Ma comprendo che lei, in sostanza, intende indicare con la sua lettera soprattutto un obiettivo polemico di natura politica, e in particolare la Lega Nord. Compagine, questa, che non fa certo mistero dei propri pensieri e intendimenti (uso volutamente il plurale, anche se la dominante è chiara) a proposito del rischio-immigrazione. Un fenomeno che – è sempre utile ribadirlo – non può essere guardato con lenti xenofobe e che non deve essere gestito con insensibilità umana e in spregio ai diritti fondamentali della persona, ma che non va nemmeno considerato semplice o, addirittura, irrilevante. Mi spiego con un altro esempio preso dalla vita reale: sono stato recentemente in una cittadina lombarda nella quale, nel giro di appena cinque-sei anni, la presenza straniera ha raggiunto di colpo circa il 35% della popolazione complessiva. L’impatto è forte, l’integrazione in molti casi difficile, la fatica della convivenza palpabile. Constato che in simili contesti c’è quasi solo la Chiesa, con i suoi parroci e con le sue strutture educative e di volontariato, sulla prima linea di un’incredibile opera di supplenza e di tamponamento al cospetto del non-governo di situazioni oggettivamente complicate. Situazioni dure da vivere e da accettare per gli italiani, ma anche per coloro che, qui, sono venuti a cercare lavoro e futuro. Situazioni che sono l’altra faccia – e spesso stanno anche alla radice – della insopportabile «logica dell’ostracismo» (mi perdoni, gentile amico, ma non riesco proprio a usare a questo proposito la parola «cultura») che produce atti di rifiuto e di respingimento "a prescindere".
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