giovedì 1 dicembre 2011
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Su quattro persone sieropositive per HIV, una non lo sa. Lo apprende quando i sintomi si sono già fatti evidenti, alle soglie dell’Aids conclamata. Ma è tar­di, allora, ed è più difficile scampare alla malattia, che se presa in tempo può es­sere curata efficacemente. E intanto i ma­lati senza saperlo possono infettare altre persone. È un problema del mondo, del mondo ricco e del mondo povero, e per quest’ultimo in un modo tragica­mente accentuato. Per questo il mondo dedica la giornata di og­gi alla lotta contro l’Aids, per tut­to il pianeta, consapevole che le terapie contro questo flagello non sono ancora sufficienti, né egual­mente accessibili ai più colpiti. Metà dei malati del mondo non riceve nessun farmaco. E invece le cure esistono; la scienza medica e farmacologica è riuscita a ridurre drasticamente il nu­mero dei morti; è riuscita a ridare a co­loro che si curano per tempo, con i far­maci antiretrovirali, un’aspettativa di vita che insegue quella normale. E nei laboratori del mondo si stanno stu­diando vaccini, si stanno accenden­do nuove speranze. Oggi è dunque il giorno per ripensare globalmen­te e solidalmente la situazione del mondo, il bisogno di soccorso dei malati, la diagnosi precoce, la prevenzione. L’Onu ci infor­ma che il livello del conta­gio resta allarmante (in Europa l’ultima ten­denza è in aumento), ed è un errore la pas­sività dell’opinione pubblica, quasi fosse cessato il pericolo. L’Aids è una malattia 'sessualmente tra­smessa'. L’insidia ci aggredisce dunque in quella sfera umana che sentiamo e chiamiamo 'intima', la relazione cor­porea più intima che esista, qual è appunto quella geni­tale. Oggi è il giorno opportu­no per una riflessione completa sull’orizzonte umano della ses­sualità. Essa può avere una dimen­sione gioiosamente contemplativa sulla bellezza dell’eros umano, sulla forza prodigiosa che attrae e completa in abbraccio la vocazione creativa e la co­munione del cuore, sull’appartenenza e sul dono, sui profili antropologici e na­turali di questa suprema intimità. Scon­figgere l’Aids è proteggere questo tesoro. In parallelo, una cultura che degrada l’e­ros in pornèia è ostile all’uomo. L’idea, spesso affacciata dai media e sponsoriz­zata dai fabbricanti di condom, che tut­to il problema consista nell’allestire una barriera meccanica (peraltro neppure a rischio zero), è povera e fuorviante. Non solo perché il senso della relazione uma­na di intimità sessuale coinvolge un gran­de tema etico, mentre la propaganda di mera 'protezione del rapporto' asse­conda la deriva del rapporto equivalen­te e indifferente, fosse pure d’accatto o d’azzardo, zittendo nel mondo la co­scienza umana sotto uno sterminato tap­peto di gomma polluta. Ma anche perché la confidenza nello strumento esonera la volontà e invoglia al rischio. Com’è più umana, e grande, e vera, la pa­rola 'fedeltà', imparentata con l’amore non meno che con l’intimità coniugale. Parola che la nostra legge (codice civile art. 143) pone come baricentro del dirit­to familiare, e che la cassazione (2008) ri­legge come 'componente di una fedeltà più ampia che si traduce nella capacità di sacrificare le proprie scelte personali a quelle imposte dal legame di coppia e del matrimonio che su esso si fonda'. Che fra tanti sponsorizzatori del 'fare ses­so sicuro' per scommessa sul tecnico ar­tificio, qualcuno rammenti e inoltri que­sto pensiero, che chiama amore l’amore per scommessa sull’uomo.
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