Siamo in un Paese dove gli orchi si muovono agilmente
mercoledì 22 ottobre 2008

I bambini sono le nostre vittime. Siamo un mondo dove i bambini vengono violati. Tra un mese a Rio de Janeiro si terrà una grande conferenza mondiale voluta da Unicef e da altre organizzazioni sul tema dello sfruttamento sessuale dei minori. A Roma ne hanno parlato ieri in un seminario dedicato al tema. I dati fanno impressione. Il fenomeno è complesso e non di facile rilevazione. L'orrore ha molte facce, molti tentacoli. Il fenomeno della pedopornografia e pedofilia virtuale si mescola velenosamente sempre con reati che virtuali non sono per nulla, e con traumi e drammi realissimi. Nel mondo, come si sa, la tratta dei nuovi schiavi è un business in espansione. Quasi tre milioni di persone, secondo le Nazioni Unite sono vittime della tratta. L'80% di questi sono bambini. Molti finiscono poi nel giro dello sfruttamento sessuale.

E si stima che siano molte decine di migliaia i bambini che nei paesi meta dell'imponente fenomeno del turismo sessuale cadono sotto le grinfie di questa categoria di orchi in viaggio, molti dei quali italiani. In Italia, del resto, sono oltre 400 i reati legati alla pedofilia denunciati nel 2006, e ben 11.769 i siti attivi nel nostro paese rilevati come pedofili. La mano adunca e tremenda dei pedofili può pure contare sullo spalleggiamento di campagne apparentemente innocue dedicate alla tenerezza verso i bimbi e verso i minori. I fenomeni di ineducazione e di miseria favoriscono in molti luoghi trattamenti crudeli verso i più piccoli. Ma come può un adulto piegare alla propria voglia oscura un minore? Come è possibile che non ci si fermi, che non si opponga al montare ignobile di un desiderio infame, il tremore di un rispetto, il dubbio di un rimorso? Da che forza nera si lasciano impadronire questi sfruttatori? Malati, si dice. Ma è troppo poco, o troppo semplice. Perché questa è una malattia dell'anima, non un handicap congenito. E le dimensioni del fenomeno indicano che la malattia è in espansione. Ci sono motivi culturali e sociali. In Italia, dicono gli esperti, ci sono le leggi giuste per perseguitare i reati. E molto viene fatto. Può e deve aumentare la collaborazione tra vari organismi. E soprattutto deve crescere l'attenzione sociale e culturale al fenomeno.

Ogni tanto, la cronaca ci desta dal torpore. Come nel caso del ragazzino di otto anni sorpreso ieri a spacciare per conto del nonno a Palermo. Si devono colpire i singoli casi, ma l'emergenza educativa di cui si parla spesso anche nel nostro paese indica che la priorità di costituire luoghi di riferimento scolastici e no, per i minori e le loro famiglie è una priorità sociale. Un paese dove è debole la rete di luoghi attenti allo sviluppo dei minori è un paese dove gli orchi possono muoversi meglio. Alla guerra - ché di questo si tratta - sul fronte poliziesco si deve affiancare una guerra combattuta dallo Stato e dai soggetti privati e pubblici sul fronte della costruzione di luoghi educativi che servano i minori e gli adolescenti. Pensando a quanti soldi ed energie gli enti pubblici e spesso anche i privati investono per manifestazioni o faccende di poca durata, viene da chiedersi se non ci si stia concentrando su fronti meno importanti, mentre alle nostre spalle divampa l'incendio e l'attacco che stermina. La guerra va combattuta cercando di capire quali sono i fronti importanti, magari quelli di cui si parla poco sui media.

Da tempo scrivo che la bomba su cui siamo seduti, più ancora che la crisi economica o le querelle della politica, sono i nostri ragazzini. La bomba è quel che si agita nei loro occhi, e nei loro corpi. Guardare, capire il fenomeno è una prima urgente responsabilità. Così che oltre a fermare la mano con l'artiglio che si alza sui nostri bambini, si possa togliere forza alle mani che hanno la tentazione di alzarsi.

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