Servizio civile, stavolta bisogna fare di più
mercoledì 27 maggio 2020

Caro direttore,

la proposta per un nuovo impulso al Servizio civile universale (Scu) lanciata sul suo giornale da diversi esperti del mondo della politica, del sociale, e dell’economia e il dibattito a essa collegato, è un segnale molto positivo per tutti quelli che operano nel e per il sociale. Il Scu deve acquisire un ruolo centrale ed essere riconosciuto come uno strumento per dare fiducia, opportunità e rafforzare la coscienza civica dei nostri giovani. La fase attuale, il 'distanziamento fisico' – introdotto senza alternative nelle nostre vite – ha messo a dura prova i giovani, privandoli di occasioni di socialità, ma ha gravato anche sulle persone più vulnerabili e sui settori più delicati del nostro Paese: l’assistenza sociale, la cura per l’ambiente, la cultura. Settori che fanno bella dentro e fuori la nostra Italia. Settori nei quali l’operatività dei giovani volontari si è già dimostrata estremamente positiva negli anni di vita del Servizio civile, e lo ha fatto in tutte le aree del Paese.

Questa omogenea volontà di partecipazione al Servizio civile da parte di tanti giovani italiani, che è davvero una ricchezza da tutelare. Nelle regioni del Sud ogni anno sono decine di migliaia i giovani che concorrono per poter iniziare la propria esperienza di Scu, nelle loro aree di residenza o altrove. E per anni, proprio chi ha rappresentato le Regioni del Sud, ha dovuto lottare per aumentare il numero di posti messi a bando e dare così la possibilità ai giovani di operare nelle tante realtà del Terzo settore, con effetti positivi in termini di occupabilità, crescita personale e condivisione. Basta pensare ai tanti luoghi che hanno potuto prendere vita e ritornare alla collettività grazie all’operato dei volontari e alla sinergia tra enti locali e realtà del privato sociale. Ma anche al supporto alle persone più vulnerabili, anziani, disabili, minori: sono tante le persone accompagnate nel loro quotidiano e che hanno visto alleviare alcune sofferenze, tra tutte la solitudine. Allo stesso modo, sono stati tantissimi i giovani cresciuti durante lo svolgimento del proprio anno di Servizio civile, cresciuti civilmente e socialmente, a tal punto, in molti casi, da aver scelto, poi, di continuare a operare nel Terzo settore, contribuendo a costituire quella grande ricchezza italiana che è il mondo dei lavoratori e volontari nel 'sociale' in Italia.

Quest’anno così particolare, inatteso e profondamente delicato, richiede uno sforzo ulteriore che può contribuire ad offrire non distanziamento sociale, bensì coesione sociale, quella su cui il Terzo settore in tutte le sue declinazioni si è continuato a spendere, al Nord come al Sud, anche in questi mesi di quarantena da Covid-19. Ecco perché, stavolta, non può essere sufficiente aumentare il fondo: serve dare a tutti la possibilità di vivere questa esperienza, ammettendo tutti i solidi Progetti presentati alla scadenza prevista alla fine di questo mese di maggio.

Presidente Cooperativa sociale Hermes 4.0 e già assessore al Welfare della Regione Calabria

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