giovedì 30 luglio 2015
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La ridda di notizie contraddittorie sulla sorte del capo storico dei taleban, il mullah Omar, si sposa in fondo con un personaggio che ha fatto dell’elusività e del mistero la sua cifra caratteristica: pochissime apparizioni, qualche messaggio audio, dal 2001 una latitanza oscura – grazie all’appoggio dei servizi segreti pachistani – con contatti sempre più sporadici con i suoi stessi seguaci. Tanto che i sostenitori dello Stato islamico nell’Af-Pak (Afghanistan-Pakistan) irridevano chi si ostinava a giurargli fedeltà, dicendo che rimanevano legati a un morto. Ora la notizia, non verificata, della sua scomparsa. Se essa è vera, non è uscita casualmente proprio ora: la fine dell’Emiro dei taleban è una variabile che cambia – anche a livello di percezione popolare – lo scenario dei negoziati di pace fra il governo di Kabul e la galassia di gruppi taleban, molto meno compatta di quanto si creda. Omar era l’emblema della vecchia guardia ideologica talebana: da tempo, più un problema che una possibile soluzione (ma qualcuno sostiene anche il contrario, e l’annuncio potrebbe essere un tentativo di sabotaggio dei coloqui).  La nuova generazione di comandanti taleban ha strategie e interessi divergenti dalla vecchia élite di potere, mentre per l’Occidente e per Kabul è decisamente più accettabile una trattativa e – si spera – un compromesso con i taleban, se fra essi non figura più la loro vecchia guida. Per molte minoranze etniche in Afghanistan, sarebbe stato difficilmente accettabile firmare un accordo con l’assenso di un uomo a lungo demonizzato. E per gli Stati Uniti, che gli hanno dato inutilmente la caccia per 14 anni, un boccone politicamente molto indigesto, tanto più con la lunga campagna per le elezioni presidenziali ormai alle porte a Washington.  Ma il mullah Omar era ormai probabilmente più di impiccio che di utilità anche per gli stessi pachistani, che pure l’avevano 'creato' e continuato a proteggere. Con lo Stato islamico che cresce in modo preoccupante anche in quella regione, infatti, i taleban afghani diventano pedine tatticamente più spendibili negli intricati giochi di potere che si svolgono fra Islamabad, Kabul ed emiri del Golfo, quando siano privi di nomi 'ingombranti' del passato. A meno che il 'vecchio' comandante sorprenda nuovamente tutti, dimostrando di aver imbrogliato la morte, che lo rincorre da tanti anni, una volta di più.
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