venerdì 7 agosto 2015
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Verso chi ha ucciso il leone Cecil nello Zimbabwe i blog del mondo sono ancora pieni di improperi. Verso i poliziotti americani che hanno sparato, uccidendoli, a ragazzi neri disarmati, i blog del mondo non si sono scatenati altrettanto. Perché? Se si tratta di reazioni contro il male, quale male è più grave, uccidere un leone o uccidere un uomo? Non c’è dubbio, uccidere un uomo. Ma la quantità di commenti sui siti e sui blog non dipende dalla gravità di una notizia, ma dal coinvolgimento che suscita nei lettori. E dunque: i lettori coinvolti e turbati per l’uccisione del leone Cecil sono più numerosi, e sono più coinvolti e più turbati, dei lettori che han seguito l’uccisione, per volontà o incautela, dei ragazzi neri. Reagire a una notizia vuol dire che la notizia ci riguarda. Si reagisce a un’uccisione in quanto ci si sente uccisi. La vittima siamo noi, o fa parte della nostra vita, della nostra famiglia, se non è noi è una parte di noi. E dunque il leone Cecil è noi, fa parte della nostra vita, del nostro inconscio, più dei giovani neri uccisi a colpi di pistola, senza, finora, un apparente motivo. Eppure la morte di quei ragazzi è assurda e atroce. Prendiamo l’ultimo. Lo abbiamo visto morire, diciamo così, al rallentatore: qualcuno sta filmando la scena, il poliziotto non lo sa, se lo sapesse non farebbe quel che sta per fare, il ragazzo si mette a correre da destra a sinistra, il poliziotto impugna la pistola con ambedue le mani, usarle ambedue serve a tenere ferma l’arma in modo che i colpi vadano esattamente dove tu vuoi, spara quattro-cinque colpi, il ragazzo barcolla come se incespicasse, dev’essergli stato colpito un nervo che comanda i piedi, ma fin che è ancora dritto e offre tutto il corpo come bersaglio parte l’ultimo colpo e il giovane s’abbatte in avanti. D’istinto si pensa che è un omicidio voluto, e lungamente voluto. S’immagina una reazione del mondo veemente e duratura. Invece non ha coinvolto tanti né tanto a lungo. Fra poco cercheremo di capire perché. Cecil era un leone bellissimo, come tutti i leoni, che sembrano fatti su misura per essere visti come re. Ma Cecil era più re degli altri, perché aveva una regalità in più: la criniera nera. Un animale speciale. Da pagare decine di migliaia di dollari per arrivargli a tiro e fotografarlo. Un orgoglio per il Parco Nazionale dello Zimbabwe. Un cacciatore di trofei ha avuto l’idea di farsene un trofeo privato, ucciderlo e staccargli la testa. È un dentista, conosciuto e (forse) apprezzato solo dai suoi clienti. Con quel trofeo sale alla fama. Sono pochi quelli che possono esibire una testa di leone. Forse nessuno una testa di leone con criniera nera. Questo dentista passa da uno come tanti a personaggio unico. Non un uomo, ma un super-uomo. Hemingway dice che per essere un uomo bisogna fare tre cose: fare un figlio, scrivere un libro, ammazzare un bufalo. Non so come sia messo questo dentista in fatto di figli e di libri, però in fatto di animali è imbattibile: non ha ucciso un bufalo ma un leone, e non un leone qualunque ma un leone nero. Provate voi. Ma il mondo con Cecil era più bello, senza Cecil è più brutto. Il dentista che ha ammazzato Cecil ha imbruttito il mondo. Ha commesso un 'crimine di specie'. Il 'crimine di specie' è una nuova categoria di crimini che s’affianca ai 'crimini di razza'. Un crimine di specie è moderno, offende il rispetto della Natura, l’appartenenza al mondo, la francescana fraternità con tutti gli esseri creati. Il crimine di razza, se davvero quel ragazzo è stato ucciso o non è stato risparmiato perché o anche perché era nero, è un crimine antico. I nervi dell’umanità si ottundono, lo sentono sempre meno, colpevolmente. In un film di Godard un marito torna a casa e dice alla moglie: 'Il governo vuole eliminare i medici e gli ebrei'. E la moglie: 'Perché i medici?'. 
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