domenica 23 febbraio 2014
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Una ventina di giorni fa, com­mentando il primo rapporto del­la commissione Ue sulla corruzione, abbiamo ricordato le pesanti respon­sabilità di «una macchina ammini­­strativa lenta, paludosa, impenetra­bile e spesso incontrollabile», una sor­ta di polverosa enclave nelle mani «di piccoli e grandi burocrati».
Ancora prima avevamo documentato, con un’inchiesta a puntate, il freno che quel sistema rappresenta per lo svi­luppo economico del Paese, quando rallenta, lascia arenare o vanifica le­gittimi provvedimenti del legislatore. Non è mai bello autocitarsi, ma tal­volta è necessario perché una vicen­da apparentemente incredibile (la raccontiamo a pagina 11) ci offre lo spunto per proseguire il ragiona­mento e denunciare un’altra tipolo­gia di danno che l’eccesso di buro­crazia può arrecare al Paese su due fronti vitali: la libertà dei genitori di scegliere la scuola che ritengono mi­gliore per i propri figli; il diritto di esi­stere degli istituti paritari, che insie­me a quelli statali e comunali garan­tiscono il servizio pubblico dell’istru­zione. Ma che non hanno ancora a­vuto i 223 milioni destinati loro per il 2013 a causa della decisione di un di­rigente del Tesoro che (ci dicono per la prima volta) ha inviato la pratica al­la Corte dei conti per una verifica non obbligatoria.
Da lì le carte non sono ancora tornate, con ricadute pratiche che tutti possono immaginare, so­prattutto in un periodo di crisi eco­nomica nera, con le scuole paritarie alle prese con una notevole contra­zione delle risorse. Di fronte a un ta­le eccesso di zelo da parte di un 'col­letto bianco', che sollecita un parere contabile non richiesto, risulta diffi­cile, tra l’altro, non cedere alla tenta­zione di pensare a un facile alibi per mascherare motivazioni intimamen­te ideologiche. Sia come sia, visto che il governo nel frattempo è cambiato, ecco l’occasione per invitare il neo­premier Matteo Renzi (e Marianna Madia, giovane ministro della Pub­blica amministrazione e della Sem­plificazione) a inserire ai primi posti della sua ambiziosa tabella di marcia riformatrice il disboscamento di que­sta giungla di incarichi, di competen­ze e di scartoffie. C’erano già tanti ot­timi motivi per farlo. Se ne sono ag­giunti 223 milioni.
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