Scuola, vera priorità non riconosciuta come merita (anche nella Fase 2)
venerdì 22 maggio 2020

Caro direttore,

è nelle situazioni spiazzanti che emerge la scala di priorità di ciascuno e delle società: ciò a cui si provvede con maggiore rapidità e creatività è ciò a cui si tiene di più. Da questa settimana tutte le attività riaprono: industrie, negozi, ristoranti, piscine, centri estetici, luoghi di culto... ci si attrezza per riaprire stabilimenti balneari, cinema, teatri. Tutti i settori ritornano a una certa normalità, tutti meno uno. La scuola. Non è un bel segnale: lascia intendere che nelle priorità del nostro Paese occupi l’ultimo posto. Eppure non era cominciato così: nella prima emergenza la scuola ha dato un’ottima prova. Ministro, ma soprattutto dirigenti, docenti e personale tutto hanno fin da subito attivato quanto si poteva, senza risparmiarsi tra videolezioni e piattaforme, ovvero con la didattica a distanza. Soluzione di emergenza, ovviamente, non ottimale, che non è riuscita a raggiungere tutti e a svolgere il lavoro programmato a inizio anno, certamente, ma che ha fatto quel che si poteva. Soprattutto ha testimoniato, non solo agli studenti e alla loro famiglie ma anche a tutto il Paese, la volontà e la determinazione a non interrompere il rapporto educativo e il dovere di istruire. Ovviamente ci sono state carenze, ma anche eccellenze e comunque ci si è impegnati al massimo. Per questo non è accettabile ciò che sta succedendo ora: mentre tutto riprende “in presenza”, la scuola – solo la scuola – continua a restare “a distanza”, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Certamente le difficoltà per il ritorno a una certa normalità sono tante: capienza degli ambienti, necessità di sanificazione, trasporti, distanze interpersonali da far rispettare… ma come si sono trovate soluzioni creative per le altre attività, si possono trovare anche per questa: dagli scuolabus alla riduzione delle ore di lezione e rimodulazione dell’orario, ai turni, all’utilizzo delle varie aule: di lingue, di scienze, laboratori, palestre, aula magna, aula computer e Lim, biblioteca, spazio mensa (di cui non tutte ma molte scuole dispongono). Se non tutti, potremmo almeno cercare di recuperare gli allievi più a rischio di dispersione. I dati Miur indicano che nell’anno scorso 11.830 ragazzi hanno abbandonato la scuola secondaria di primo grado prima di concluderla. Dato ancora troppo alto, ma comunque in costante calo. Cosa accadrà quest’anno? Sappiamo bene che si educa e si insegna più con il comportamento che con le parole: stiamo pertanto attenti al messaggio che diamo lasciando, nel ritorno alla normalità, la scuola all’ultimo posto.

Marina Del Fabbro, insegnante presidente Uciim di Trieste


Lettere come la sua, cara professoressa Del Fabbro, spiegano perché da anni mi spenda anch’io – per quanto posso – affinché la voce e la competenza degli insegnanti siano ascoltate e riconosciute (anche sul piano retributivo) come meritano. La scuola è la più importante attività “produttiva” di un Paese, e uso quell’aggettivo pensando non all’assemblaggio di una cultura nozionistica, ma alla generazione di persone consapevoli e con gli “strumenti” necessari per la vita personale e comunitaria. Grazie.

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