sabato 7 febbraio 2009
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È arduo prevedere gli sviluppi del conflitto che si è prodotto ieri tra Quirinale e Palazzo Chigi sul potere di decretazione d’urgenza. Un potere che, nella nostra Repubblica parlamentare, la Costituzione attribuisce esclusivamente al Governo. Ma per gli strani, spesso incoerenti e sempre irrefrenabili « tic » della polemica italiana sarà forse ancora più difficile che qualcuno dei grandi e allarmati difensori della Carta del ’ 48 intervenga per sottolineare la sterzata presidenzialista innegabilmente impressa con quest’ultima vicenda. Eppure è un evento che segna, e che dovrebbe interrogare e far discutere a fondo mentre altre valutazioni e altre emozioni premono e anche per noi, qui, è duro mantenere l’analisi sul piano puramente politico- istituzionale. Alla base di tutto, e persino alla radice del conflitto, ci sono infatti la vita o la morte di Eluana Englaro: una donna incapace di alimentarsi da sola che in queste ore un gruppo di « volontari » ha cominciato a spegnere artificialmente, sottraendole acqua e cibo, in forza di un’autorizzazione giudiziaria costruita in una dichiarata ' zona grigia' normativa. Il decreto legge che ieri avrebbe potuto entrare in vigore – e che adesso si punta a trasformare in disegno di legge destinato a un iter­lampo in Parlamento – era tale da scongiurare tale irreparabile esito. Il testo finale del provvedimento è semplice, rigoroso, inattaccabile e conforme alla volontà annunciata di un vasto e trasversale schieramento parlamentare. Fissa un principio che in un’Italia meno intossicata da false informazioni, forzature giudiziarie e manovre di palazzo non sarebbe stato neanche indispensabile trasferire dalla coscienza comune a una norma di legge: nessuno può far morire di fame e di sete chi non è in grado di provvedere a se stesso. Il capo dello Stato Giorgio Napolitano – una personalità la cui storia politica fin qui era stata scandita da scelte, e non scelte, assai soppesate – ha però ritenuto di dire freddamente « no » . E di fronte alla coraggiosa determinazione infine manifestata da tutto il governo di Silvio Berlusconi ha compiuto due gesti senza precedenti, ma che creano precedenti. Gesti dei quali si dovrà tenere conto. Anche nell’infinito dibattito sulla crescente confusione di poteri nella nostra Repubblica e sulla riforma delle istituzioni. Dapprima ha chiesto formalmente al Consiglio dei ministri di non varare il decreto ( proponendo una sorta di « veto preventivo » ) e poi, dopo che il Consiglio dei ministri aveva deciso di procedere ugualmente e legittimamente all’approvazione del provvedimento, ha rifiutato di emanarlo ( trasferendo, di fatto, a sé una responsabilità che l’articolo 77 della Costituzione attribuisce al governo). Le motivazioni che accompagnano il blocco del decreto legge fanno impressione in un Paese nel quale abbiamo visto emanare senza batter ciglio provvedimenti urgenti che urgenti non erano affatto. Stavolta, invece, per affermare l’assenza dei « requisiti di necessità e di urgenza » , il Quirinale si è impegnato a negare l’esistenza di un qualche « fatto nuovo » e ha ridotto la vicenda di Eluana a « comprensibile » , ma « singolo » e, dunque, irrilevante « impulso » a intervenire. Questi sono i fatti, e non inducono a commenti incoraggianti. O, meglio, spingono a entusiastici applausi solo il partito dei fautori dell’eutanasia, capitanato da Marco Pannella ed Emma Bonino. Si commenta, poi, quasi da solo il pronto appoggio agli inediti atti compiuti dal Colle fornito – in nuovo e stridente contrasto con Palazzo Chigi e con tanti dei suoi – dal « presidenzialista » Gianfranco Fini. Una dose nuova e inattesa di interventismo presidenziale è stata, insomma, iniettata nel nostro sistema istituzionale. A conferma del lento e grave processo di deterioramento degli equilibri delineati nella seconda parte della Costituzione. Almeno su questo piano, sarebbe perciò un primo risarcimento se il Parlamento si dimostrasse davvero in grado con un proprio atto sovrano – una rapidissima legge ad hoc che riprenda il testo del decreto – di fare ciò che urgentemente e motivatamente il Governo aveva deciso ieri di fare. È l’estrema e piccola speranza affidata alla politica, mentre giustizia non c’è e una donna – goccia a goccia – viene strappata alla vita.
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