venerdì 7 febbraio 2014
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«Matteo, ti aiuterò a portare a casa l’Italicum alla Camera, poi sono aperto a tutti gli scenari», dice Letta al segretario poco prima della direzione Pd. «Enrico, ora conta solo la legge elettorale. Il 20 devi portarci una soluzione, un’idea forte e convincente e io ti sosterrò», gli replica il segretario anticipandogli l’esito della riunione che sarebbe iniziata di lì a poco.Uno scambio di battute che certifica una bella dose di incertezza e tatticismo. Il premier resta convinto di avere ancora la possibilità di governare, e bene, fino al 2015. Che sulla legge elettorale, alla fine, Renzi sarà costretto a chiedere aiuto a lui ed Alfano, perché Berlusconi è davvero infuriato per il caso-Grasso. «Io aspetto ancora che qualcuno alzi il ditino e dica di avere in tasca un altro schema per il governo», si fa forza il premier in serata con i fedelissimi. Sì, il segretario avverte le sirene di un ingresso anticipato a Palazzo Chigi, ma teme che le aperture di credito della minoranza Pd, Ncd e Forza Italia siano solo un trabocchetto per impantanarlo. E poi quale governo dovrebbe portare il suo nome? Mettersi a braccetto con Berlusconi attraverso una manovra di Palazzo invisa alla base democrat? Riaggregare la stessa maggioranza (più qualche transfuga M5S) che sostiene Letta? E come convincere Napolitano, Draghi, l’Ue?E allora, sebbene i renziani dicano in giro che «il 20 febbraio conviene scommettere 5 euro su Matteo», la sensazione è che la "direzione del giudizio" possa concludersi con un nuovo compromesso: Letta "incassa" qualche buffetto per come sono andate le cose sinora, concede a Renzi il primato sulle riforme ma mette in cassaforte il via libera a rimpasto e governo-bis. È una conclusione che si intravede in filigrana nelle stesse parole che il segretario ha usato ieri annunciando la direzione del 20: «Io sto allo schema che ci ha posto il premier: diciotto mesi per uscire dall’instabilità finanziaria e fare le riforme. Vogliamo cambiare schema? Bene, parliamone...». Sembra quasi una concessione a Cuperlo. La sua idea originaria è un’altra: lasciare "Enrico" a navigare in questa fragilissima ripresa e mettere il suo volto sull’abolizione del Senato. Tutt’altra storia se l’Italicum, la settimana prossima, rischiasse di saltare. Ma in quel caso il pallino non sarebbe nelle mani né di Matteo né di Enrico. Tornerebbe in campo Napolitano. Con l’arma potentissima delle dimissioni.
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