L’essenziale da capire, il giusto da fare
mercoledì 4 marzo 2020

Una parola «inopportuna». Da due giorni torna in mente l’incipit dell’omelia del vescovo di Milano Mario Delpini nella prima domenica di Quaresima, nel Duomo a porte chiuse, dentro alla città deserta: «Ci viene rivolta oggi una parola che suona inopportuna. Risuona una di quelle parole che possono mettere di malumore, come un intervento maldestro, come un richiamo che sconcerta. Una parola inopportuna mette a disagio, sembra venire da chi non comprende la situazione. E la parola inopportuna è quella di Paolo: ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza».

Inopportuno davvero, parrebbe, in una metropoli spaventata per la salute e per la crisi economica in cui teme inevitabilmente di cadere, andare a dire, con Paolo ai Corinzi, «ecco il momento favorevole». Su qualsiasi vagone del "metro" ti guarderebbero come un matto. Qualcuno reagirebbe a male parole. E anche molti fra noi cristiani resterebbero interdetti. Ma il vescovo di Milano ha ribadito: «Ecco il momento per cercare Dio. Per essere liberi. Per cercare la riconciliazione, per praticare il buon vicinato, per spezzare il pane con l’affamato, per farsi vicini a coloro dai quali tutti si allontanano».

Umanamente, pare un mondo alla rovescia quello cui richiama Delpini ( e il cristianesimo è, infatti, capovolgimento della logica del "mondo"). Talmente paradossale quel richiamo nel Duomo vuoto, che forse anche fra noi credenti alcuni non hanno capito, o non hanno voluto capire. Nel migliore dei casi, e sarebbe già molto, si sono sentiti chiamati alla solidarietà con i loro concittadini. Eppure, quel «momento favorevole» è ancora più grande.

Perché basterebbe allargare appena lo sguardo dai titoli sul coronavirus che monopolizzano tv e web in questo momento, pure grave, per vedere quanto di assolutamente drammatico sta succedendo nello stesso momento ai bordi dell’Europa. Dove decine di migliaia di profughi agfhani, siriani, somali assediano il confine tra Turchia e Grecia, o approdano disperati all’isola di Lesbo. La Turchia di Erdogan li ha lasciati andare e loro si sono catapultati ciecamente verso la grande speranza, l’Europa. Nei video li si vede respinti a lacrimogeni dai soldati greci, e picchiati con i bastoni sui gommoni con cui cercano di raggiungere quelle isole dove noi europei andiamo in vacanza, d’estate. Per scoraggiarli i militari sparano in aria e in acqua, o con le motovedette provocano onde che sbilanciano le barche stracariche.

Un bambino di 6 anni, siriano, è annegato così. Un ragazzo di 22 anni è morto nei respingimenti. Temiamo che saranno solo i primi in un disastro umanitario dovuto ai calcoli di Erdogan e alla politica inane dei Paesi della Ue. Un’Europa che, fino a oggi almeno, sembra preoccupata solo di "difendere" le frontiere greche – cioè le sue, le nostre.
Questa volta non sono barconi in ordine sparso nel Mediterraneo, né piccoli drappelli di fuggiaschi che sfuggono ai controlli al confine. Questa volta sono migliaia di uomini, donne e bambini. Qualcuno parla di «invasione», qualcuno di mandare «gli eserciti» contro gli invasori. Invasori? Guardate le foto dai campi settentrionali turchi.

Guardate quelle tende nel fango, i falò per scaldarsi, le vedove circondate dai bambini – che già cominciano a morire per il freddo delle notti all’aperto. Invasori, questa crociata di miserabili spinti come pedine dal governo turco 'contro' le frontiere d’Europa? Una crisi umanitaria, anzi una crisi della nostra umanità, se l’Europa, quella nata sulle ceneri dell’ultima guerra con tanti nobili ideali, concentra le sue stanche energie nel respingere una moltitudine di poveri cristi, anziché almeno nel soccorrerli, e nel cercare una soluzione politica a questo drammatico esodo.

Ma l’Europa, siamo anche noi. Noi italiani, noi milanesi che evitiamo di salire in ascensore con i condomini, perché non si sa mai. Avvinti dalla paura per un rischio statisticamente moderato, per un virus sconosciuto ma che stiamo imparando a curare, e ciechi di fronte alla tragedia vera della battaglia al limite del nostro Primo mondo. Siamo solo distratti? Il rapporto Ipsos Flair presentato ieri a Roma afferma che il 59% degli italiani appoggia la decisione di Salvini di impedire lo sbarco ai migranti soccorsi dalle Ong. Fra i cattolici praticanti, precisa l’Ipsos, questa percentuale di favore sale al 60%.

Allora la vera crisi non è solo alle porte dell’Occidente, ma dentro di noi. Pensi al nostro panico, al nostro terrore di diventare, noi milanesi, poveri, con altri occhi. Con lo sguardo cui esorta il vescovo di Milano. Occorre che torniamo capaci di guardare oltre i nostri soli interessi: a chi soffre vicino e anche lontano, a quelli che rischiano la morte con i loro bambini, che sono uguali ai nostri, sognando un po’ di pace e lavoro in Europa. Che questa desolata Quaresima ambrosiana di chiese vuote per precauzione sia davvero «momento propizio »? Per cercare Dio, e riconoscerlo nelle più sfinite facce degli uomini.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI