Quelle scarpe da camorrista
sabato 25 marzo 2023

Se si vuol capire qualcosa dell’assurdo delitto del giovane Francesco Pio Maimone, avvenuto a Mergellina nella notte tra il 19 e il 20 marzo (i funerali nel pomeriggio di oggi saranno celebrati dal vescovo di Pozzuoli Gennaro Pascarella), per quanto possa sembrare strano, bisogna partire dalle scarpe che l’assassino calzava quella notte. Non erano per lui semplici calzature, erano il suo idolo, il suo tutto.

Senza “quelle” scarpe, il suo posticcio mondo interiore andava in frantumi. Nato in una famiglia problematica – suo padre, camorrista, prima di essere ucciso aveva accoltellato la moglie nel cui grembo c’era proprio lui, il futuro assassino; suo fratello è in carcere per tentato omicidio –, ne aveva assorbito linguaggi, modi di pensare e di agire. Quelli che per una persona normale sono considerati valori – la tolleranza, il rispetto, la prudenza – non lo erano per lui.

Al contrario, per esistere, per essere qualcuno, per contare qualcosa nella ristretta cerchia di amici, parenti e conoscenti, quel giovane uomo deve per forza fare ricorso alla violenza. Un camorrista non torna mai a casa con un’offesa ricevuta, sarebbe un disonore intollerabile. Un camorrista non può, non deve dare l’impressione di avere paura di un qualsiasi avversario. Un camorrista deve ostentare forza, sicurezza, disprezzo per gli altri. Un camorrista è la persona più debole e fragile di questo mondo, ma non lo ammetterà mai. Per vivere deve essere continuamene cercato, invidiato, adulato. Un camorrista – o aspirante tale – è uno zimbello ma non lo sa, non lo vuole ammettere, non vuole saperlo. Come il cane che ti morde la mano se gli strappi l’osso che rosicchia, il giovane camorrista ti salta addosso se gli sporchi le scarpe.

Le ha pagate care, mille euro, e forse di più. La sua casa è modesta, quasi certamente una casa popolare, gli spazi sono ristretti, poche le comodità. Ma a lui non importa. Il suo mondo cammina con lui, se lo porta dietro, come fanno la tartaruga e la lumaca. Apparire deve apparire. Deve impressionare, sembrare quello che non è. Deve atteggiarsi. Vive nella paura di non essere all’altezza, di non essere accettato, di non essere considerato.

Quello è il suo mondo, o meglio, il mondo che gli hanno cucito addosso. Il mondo dal quale non ha saputo, non ha voluto, non ha tentato di liberarsi. Un mondo maledetto, un buco nero, che fagocita, macina, stritola coloro che si lasciano ammaliare. Quello è il suo mondo, lontano dal quale sa di non essere nessuno.

Francesco Pio Valda – vittima e carnefice hanno lo stesso doppio nome –, e tanti come lui, vive delle sue scarpe, per le sue scarpe. Gli servono, le brama, le accarezza. Gli sono indispensabili per suscitare ammirazione, contese, invidie. Vuoi farlo felice? Vuoi farlo gongolare come un bambino davanti all’ovetto di Pasqua? Fissa le sue estremità, apprezza le sue calzature, chiedigli quanto ha speso, dove le ha comprate. Chiedigli del negozio dove si serve e della pistola che accarezza come fa con la sua ragazza. Chiedigli di suo padre. Ti dirà che fu ucciso perché era un duro, un astro nascente, perché faceva paura. Era temuto, il padre, riverito. Anche chi lo uccise ne aveva stima.

E questo gli basta. Per un aspirante camorrista annoverare morti ammazzati nella sua famiglia rappresenta una sorta di diploma. Non mi costa troppo abbozzare l’identikit di Francesco Pio. Ne ho conosciuti tanti come lui. Sembrano fatti con lo stampino. Tutti uguali, nel portamento, nell’abbigliamento, nel look. Tutti con le stesse scarpe. Hanno studiato poco o niente, non hanno imparato alcun mestiere, ritengono di avere solo diritti e nessun dovere. Sono immaturi, illogici, fragili più di quanto si possa immaginare. E proprio per questo sono terribilmente pericolosi.

Nei loro confronti la società ha le sue colpe. Bisogna risanare i quartieri a rischio. Presto. Bonificarli nelle famiglie incapaci di educare i figli. Bisogna correre in aiuto dei minori che vivono in questi contesti insani, prima che sia tardi. Prima che l’alberello della loro fragile esistenza venga distorto, non innalzandosi più verso il sole. E che si invaghisca di un povero, costosissimo paio di scarpe e di una pistola sul cui altare sarà disposto a sacrificare la vita altrui e la sua stessa libertà.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: