giovedì 26 novembre 2015
Una testa di un maiale sanguinante è stata appesa all’ingresso della Moschea di via Marconi a Giugliano, un anonimo oltraggio e un antidoto: “insieme”.
di Maurizio Patricello
COMMENTA E CONDIVIDI
Occorre mantenere i nervi saldi e le idee chiare. Soprattutto nei momenti in cui la violenza illogica e blasfema sembra avere il sopravvento sulla ragione. I fatti di Parigi hanno lasciato il segno. La gente comune lotta per non cedere alla paura. Si deve tornare alla normalità. Non possiamo essere prigionieri dei terroristi e del terrore. Ognuno deve fare la sua parte. La famiglia e la scuola. La politica e l’informazione. C’è bisogno di fare spazio alle buone idee. Di mettere a tacere l’odio e i perditempo. C’è bisogno di aiutare i giovani a comprendere che «con la pace tutto è guadagnato, con la guerra tutto è perduto». Non è facile. C’è in tanti un desiderio spasmodico di fare in fretta. Di giungere a una soluzione immediata. Di prendere una scorciatoia che non porterebbe da nessuna parte. O, meglio, porterebbe dalla parte opposta a quella prefissata. La violenza chiama altra violenza.  Questo è l’unico dato certo. Per quanto sia stato detto e ripetuto, per quanto sembri non portare frutti concreti, occorre ribadire con forza che il dialogo, la conoscenza reciproca, la collaborazione restano alla base di un cammino di pacifacazione e di inclusione tra gli europei di vecchia data e coloro che giungono tra noi da altre culture, altre credenze religiose, altri modi di intendere la vita. I gesti inutilmenti eclatanti e offensivi debbono essere messi severamente al bando. Sempre. Dappertutto. Da parte di tutti. A Giugliano in Campania, ieri è accaduto qualcosa che non dovrebbe mai accadere. La testa di un maiale sgozzato, è stata fissata sulla inferriata di una moschea, accompagnata da scritte che inneggiano a Putin. Una chiara intimidazione ai credenti di religione islamica, che sono rimasti molto impressionati. Chi ha fatto quella azione macabra? Perché? Che cosa intendeva ottenere? Conosceva per davvero l’importanza del suo gesto? Di certo sapeva di offendere il gran numero di musulmani che vivono sul nostro territorio. Non credo che conoscessero altro di questa gente laboriosa e tante volte sfruttata per i lavori agricoli. Escludere. Mettere da parte. Il diverso fa paura. Ma perché? Solo perché non so chi veramente sia. Giugliano e la gente buona della chiesa di Aversa non si ritrovano in quel gesto. Non lo condividono per niente. Al contrario, ne prendono le distanze e lo condannano con la più assoluta fermezza. Le esperienze che la diocesi porta avanti con i fratelli di altre religioni sono tante e portano buoni frutti. La caritas diocesana accoglie senza distinzioni i fratelli che hanno bisogno di essere aiutati. Tra essi naturalmente ci sono tanti musulmani. La società civile ha intrapreso un cammino di inclusione che deve certamente crescere ma dal quale nessuno pensa di poter retrocedere. Andare a tutti i costi alla ricerca dell’untore in questi momenti dolorosi e tragici è un’ingiustizia somma. Nessuno deve pagare per un delitto che non ha commesso. Nessuno deve soffrire per la violenza che altri hanno esercitato. Lo hanno detto con chiarezza in questi giorni: “Non in mio nome”. Avete ucciso, ma non in mio nome. Avete fatto soffrire inutilmente e atrocemente tanti innocenti, ma non lo avete fatto in mio nome. Prendiamo a prestito queste parole per pronunciarle a nostra volta. Con una chiarezza pari solo alla fermezza. Non in nome del popolo di Giugliano. Non in nome della diocesi di Aversa. Non in nome delle persone perbene che vogliono la pace. Non in nome di chi ha rispetto degli uomini al di là del loro credo, della loro provenienza e del colore della loro pelle. No, l’offesa recata ai musulmani dell’Agro Aversano, non viene dai cristiani della zona e nemmeno dai cittadini. È il gesto di qualcuno che per adesso non siamo in grado di individuare. Costui, o costoro, hanno agito solo in nome proprio. A chi è rimasto impaurito e offeso dal gesto blasfemo diamo, invece, la nostra piena solidarietà. Bisogna spegnere il fuoco non alimentarlo ulteriormente. “Insieme” è la parola magica. Insieme, con le dovute distinzioni. Fare di ogni erba un fascio non è mai stato un bene. In tutti i sensi. La nostra religione non ci chiede di distruggere l’altro per affermare se stessa. No. Assolutamente. Ci impone, invece, di essere più coerenti col credo professato. Più credibili. Più caritatevoli. Più santi. In una parola di essere semplicemente dei veri cristiani.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: