giovedì 8 maggio 2014
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Gentile direttore,
sono davvero esterrefatta per l’opera di demolizione che si sta effettuando da molte parti nei riguardi dell’Europa Unita. Ma davvero non c’è nessuno che possa porre un freno alle farneticanti esternazioni politiche volte a distruggere l’immagine dell’euro e della Unione Europea? Se risaliamo alle cause originali del “problema euro” si evidenzia chiaramente che si sono sovrapposte congiunture internazionali negative, ma anche leggerezza e trascuratezza da parte del nostro governo (e anche di altri governi europei) nell’iter di passaggio dalle monete nazionali alla moneta unica. Potrei paragonare l’euro ad un giovane puledro che è stato lasciato libero di galoppare a briglia sciolta invece di essere adeguatamente disciplinato e addestrato. Nessuno infatti si è dato la briga di sorvegliare la correttezza dei cambi, frenare la graduale lievitazione dei prezzi, controllare la furbizia dei profittatori. È così che siamo arrivati alla graduale perdita del nostro potere d’acquisto. C’è un pauroso rigurgito di nazionalismi e persino di campanilismi (vedi “secessione” veneta…). Si vorrebbe retrocedere, calpestare anni di storia, distruggere il paziente lavoro di statisti illuminati, di uomini politici lungimiranti che si sono adoperati per assemblare questo eterogeneo ma prezioso mosaico di Stati che uscivano sconvolti da guerre rovinose e insulse. Stati differenti tra loro, ricchi di un passato di cultura e di eventi diversi e che tuttavia hanno potuto procedere su un cammino comune e assieme potrebbero progredire ancor di più se solo riuscissero a rinunciare in parte ad egoismi e ad ambizioni egemoniche e trovassero menti illuminate capaci di traghettarli verso un futuro di progresso civile e sociale, verso una società più agile, cosmopolita e aperta come dovrebbe essere quella a cui aspirano i nostri giovani, avviati a vivere in un mondo di maggiore mobilità nel campo del lavoro e delle relazioni sociali. Serve una campagna in favore dell’Europa, anche in vista delle sempre più prossime elezioni europee, contro l’atteggiamento retrogrado di molti politici che potrebbero condizionare e trascinare degli elettori, per incompetenza e ignoranza, sulla scia delle loro opinioni. Il progresso non è mai un ritorno al passato ma una coraggiosa e responsabile proiezione verso il futuro.
Giulia Borroni Cagelli, Castellanza (Va)
Sono d’accordo con lei cara signora Borroni. E la conseguenza pratica di questa comune preoccupazione e di questa condivisa (e spero, nonostante tutto, contagiosa) convinzione europea è il serio lavoro di analisi e di approfondimento che stiamo sviluppando sulle pagine di “Avvenire” in vista del voto che il 25 maggio deciderà la composizione del nuovo Parlamento di Strasburgo e fornirà indicazioni decisive per gli altri equilibri e gli assetti istituzionali dell’Unione. Non possiamo e non vogliamo rassegnarci, nella lunga e nervosa vigilia elettorale che stiamo sperimentando, ai tentativi di trasformare il voto di fine mese in una sorta di mega-sondaggio a fini esclusivamente interni italiani. E neanche a una competizione che perda il senso dei temi davvero cruciali per la qualità dell’Europa dei cittadini e dei popoli che dobbiamo continuare a costruire e di cui siamo parte.
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