Quanto pesa un citofono, dove e chi fa i processi, quando vale una divisa...
venerdì 24 gennaio 2020

Caro direttore,
l’ex ministro dell’Interno del governo Conte I si è reso protagonista di un altro episodio increscioso, con la sua citofonata a un cittadino tunisino indicato da una sua sostenitrice come “spacciatore”. Una sceneggiata propagandistica che ha avuto come scenario il quartiere bolognese del Pilastro. Un luogo già tristemente noto alle cronache, perché fu qui che nel gennaio del 1991 la famigerata “banda della Uno bianca” assassinò tre giovani carabinieri in servizio di pattuglia. Se l’ex ministro dell’interno avesse avuto un minimo di coscienza civile, nonché di senso dello Stato com’è doveroso per un componente del Parlamento, sarebbe dovuto andare al Pilastro per rendere omaggio alla memoria di Otello Stefanini, Andrea Moneta e Mauro Mitilini, anziché abbandonarsi all’ennesima dimostrazione di razzismo.

Luigi Alberto Weiss

Gentile direttore,
ho letto con incredulità la notizia della “citofonata” del senatore Salvini all’abitazione di una famiglia tunisina del quartiere Pilastro di Bologna, “segnalata” da una simpatizzante leghista. Grave che una persona “segnali”: la cosa richiama “bei tempi” fortunatamente andati! Trovo gravissimo il gesto di Salvini, che – se compiuto da un ragazzotto qualunque – non avrei esitato a definire stupido, ma che fatto da un politico, ex ministro, ancor di più “sotto i riflettori delle telecamere” è inqualificabile. Che poi un tale gesto – che ritengo punibile di per se stesso – venga perpetrato da un politico «circondato da poliziotti e carabinieri», assume una rilevanza affatto trascurabile. Come mai carabinieri e poliziotti, la cui missione è garantire l’ordine pubblico, hanno lasciato a un tale la possibilità di mo-lestare persone che se ne stanno tranquille nella propria casa? E quel signore che sbandiera comportamenti “cristiani”, da chi ha appreso a comportarsi così?

Luigi Di Marco

Ci lamentiamo spesso dei tempi e modi della giustizia nel nostro Paese, cari amici. Tanti di noi – non tutti, lo so – si dolgono anche di certi furiosi e sempre ingiusti processi mediatici. E non si rassegnano a essi. Sono tra questi ultimi, lo dico e lo scrivo da anni, apertamente e con passione pari a quella con cui mi batto per la libertà di informare a schiena diritta (che non è nemmeno lontana parente dell’uso sentenzioso e abnorme dei media). Per questo ha ferito anche me il processo sommario, anzi addirittura la sentenza-slogan pronunciata (in favore di telecamere e altri mezzi di ripresa) da un senatore della Repubblica e leader di partito come Matteo Salvini davanti al citofono dell’abitazione di un residente straniero accusato di essere uno “spacciatore”. Che questo sia vero o falso non spetta al senatore Salvini appurarlo, bensì alla magistratura e alle forze dell’ordine. Ed è certo questione di senso dello Stato, ma almeno altrettanto di puro e semplice buon senso: altrimenti chi si salverebbe più dall’arbitrio della giustizia fai-da-te e dalla logica dei linciaggi anche solo a parole? Può diventare davvero enorme il peso di un citofono e ancor più del piccolo pulsante di un campanello di casa. Credo insomma che a nessuno, soprattutto se ha potere di amplificare ogni propria parola e gesto, dovrebbe essere consentito di puntare l’indice adombrando, senza prove, la colpevolezza di un’altra persona. E a nessuno, potente o meno, può essere permesso di suonare a casa di qualcun altro per indicare questa persona e la sua famiglia al pubblico ludibrio, cioè all’aspra disapprovazione dei presenti (fisicamente o virtualmente). Scrivo con una tristezza più grande di ogni possibile indignazione queste righe di risposta, cari e gentili amici, perché vorrei che fatti come questo fossero non solo inconcepibili, ma inattuabili nel nostro Paese. E perché vorrei, che comunque la si pensi, comunque si voti, per qualunque causa si chiedano consensi, tali azioni – o, se volete, simili mezzi di propaganda – fossero banditi per pacifica e generale riprovazione, per pura e semplice civiltà. Spero troppo? P.S. Un pensiero dolente e grato per Otello Stefanini, Mauro Mitilini e Andrea Moneta- carabinieri e Medaglie d’oro al valor civile – che al bolognese Pilastro, il 4 gennaio 1991, morirono difendendo la legalità e la sicurezza pubblica assassinati da criminali feroci e senza scrupoli, troppi di loro capaci di tradire e insozzare l’uniforme della Polizia che a loro volta vestivano (e furono due altri poliziotti, Luciano Baglioni e Pietro Costanza, a scoprirli e a fermarli ). È la dirittura morale, oso dire, l’anima di ognuno che dà valore e senso, dignità e verità a qualunque divisa.

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