Quando nulla spiega il male agli innocenti
sabato 27 aprile 2019

Gabriel è stato ucciso dai suoi genitori. «Si dimentica forse una donna del suo bambino?», si chiede il profeta Isaia, facendo intendere che no, non potrà farlo, perché il suo amore rasenta quello stesso di Dio. Poi, come prevedendo il peggio, aggiunge: «Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò ma», dice il Signore». La mamma e il padre di Gabriel non solo lo hanno dimenticato, hanno fatto di peggio, lo hanno strangolato.

E la motivazione è tanto assurda quanto stupida e banale. Loro volevano fare sesso, ma Gabriel, con il suo pianto, li infastidiva. Questa Pasqua davvero ha il sapore e il colore del sangue. Sangue di fratelli e sorelle lontani, sangue di piccoli innocenti, vicini, troppo vicini a noi. Quando il male si presenta con il volto atroce, abnorme, grottesco, impietoso; quando ci colpisce con tanta inaudita violenza, senza darci il tempo di difenderci, di parare il colpo, il dolore e lo sconcerto che avvertiamo è talmente forte da non poter essere assorbito. Un boccone troppo grande, troppo amaro per poter essere ingoiato.

Non ce la facciamo, soccombiamo, barcolliamo. Allora corriamo alla ricerca disperata di una qualche spiegazione che ci tranquillizzi. Qualcosa che ci metta al riparo dell’assurdo, da noi stessi, dalla cattiveria umana che diventa disumana, dalla banalità che si trasforma in spietata fatalità. E ne troviamo. E ci accontentiamo. O, almeno, fingiamo di farlo. Sarà di tipo politico, o psicologico, o sociologico. Non ci saremmo aspettati che alcuni terroristi dello Sri Lanka fossero figli di ricchi commercianti. Nel nostro immaginario li pensavamo poveri, indigenti, convinti come siamo che degrado, povertà, emarginazione sono il terreno di coltura per il fanatismo, religioso o politico che sia. Che dei giovani colti, ricchi decidano di saltare in aria assieme alle vittime designate ci sgomenta. Come la sorte del piccolo Gabriel.

Avessimo saputo che era finito nelle mani di un depravato assassino straniero, sconosciuto, un girovago dal nome impronunciabile ci avrebbe in qualche modo rassicurati. La verità invece ci ha fatto venire la pelle d’oca. Non uno straniero, non uno sconosciuto, non un folle scappato dal manicomio, ma i suoi stessi genitori lo hanno ucciso. Gabriel dava fastidio. Motivazione talmente inconcepibile da lasciarci senza fiato. Loro volevano fare sesso. Volevano essere lasciati in pace. E tutto ciò che si frapponeva al loro intento è stato visto come un ostacolo. Un ostacolo da eliminare. Senza badare alle conseguenze. Genitori trasformati in assassini. In pochi minuti? No, non ci si trasforma in assassini nel giro di pochi minuti. Nessuna persona normale uccide in preda al delirio sessuale. Chi ha imparato ad amare, a rispettare la vita propria e quella altrui lo fa sempre. Credo che la vita e la dignità umana devono tornare a essere messe sul candelabro dei nostri pensieri e del nostro vissuto.

La società, la famiglia, la scuola, la Chiesa devono convincersi che è loro dovere insegnare a gestire gli istinti, le emozioni, la sessualità. Non siamo animali, siamo esseri umani. Persone che non avanzano in preda ai ciechi istinti ma alla ragione, ai sentimenti, alla comprensione, all’amore. Persone che sanno programmare, decidere, attendere. Capaci di essere padrone delle proprie azioni. Dobbiamo insistere con più forza: i bambini non sono giocattoli con cui divertirsi quando ci fa comodo e mettere da parte quando siamo stanchi. Chi mette al mondo un figlio sa di dover cambiare tutta l’impostazione della sua esistenza. Il centro non sei più tu, e nemmeno il tuo compagno o la tua compagna, il centro è lui.

Tutto deve girare attorno a lui. Il tuo tempo, i tuoi impegni, il tuo lavoro, i tuoi risparmi. Il tuo bambino ha il diritto di piangere quando vuole e tu hai il dovere di accudirlo e consolarlo. Addio, Gabriel. Addio, angeli volati in cielo con Gesù Risorto. Addio, bambini uccisi nell’animo da chi ha visto in voi un fagottino di carne per i suoi disumani piaceri. Perdonate, se potete, le nostre mostruose ottusità. L’ottusità di chi non vi ha saputo amare e quella di chi, con le sue omissioni e i suoi complici silenzi, ha lasciato fare.

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