venerdì 11 gennaio 2013
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La campagna elettorale è ormai entrata nel suo pieno svolgimento, e ci aspettano settimane molto intense di dibattito e di battaglia politica. Il cuore del contendere è dato per ora ancora una volta dalla mappa delle alleanze e dalla scelta dei candidati. Mentre ben più importante per il Paese sarebbe capire quali politiche e quali provvedimenti abbiano in animo di promuovere gli schieramenti. Soprattutto c’è da augurarsi che non si tratti di una campagna a tal punto violenta e 'sanguinosa' da offuscare l’attenzione sui valori di riferimento dei vari programmi e agende, e mediaticamente tanto retorica e falsa da alimentare aspettative infondate su obiettivi irrealizzabili, cui non possono che seguire fallimenti e delusioni diffuse.
Dal punto di vista del metodo, sono almeno tre le notazioni che è possibile fare in merito agli impegni da prendere e alle indicazioni programmatiche di una corretta campagna elettorale. Anzitutto la preminenza da assegnare ai contenuti della futura azione di governo e alle prospettive e sfide del Paese, rispetto alle accuse reciproche. In secondo luogo la concretezza dei punti programmatici da definire e comunicare, in piena aderenza cioè ai problemi da risolvere e alle riforme da attuare. In terzo luogo il linguaggio sobrio e non ridondante, un aspetto non marginale da tenere in particolare considerazione in epoca di piena utilizzazione, come è giusto che sia, degli strumenti comunicativi moderni, da Internet ai social network. Ma sono soprattutto gli aspetti di contenuto che vanno rimarcati nella dialettica preelettorale.
Non vi è dubbio che chiunque andrà al governo dovrà insistere sui temi della sostenibilità economica e sulle questioni ad essa legate. E questo con buona pace di chi sta puntando sulla facile promessa di un difficile abbattimento fiscale. Ma è auspicabile che accanto a ciò si insista, e da subito, sul lavoro da svolgere sul versante della sostenibilità sociale e della attuazione piena di un modello italiano eticamente fondato, che sappia tenere insieme sviluppo e benessere sociale. Quel modello che alcuni di coloro che studiano il sociale italiano da tempo hanno cercato di delineare, fatto di equità, di attenzione per i soggetti deboli e in difficoltà, di investimento nel capitale sociale del Paese, sia quello storico, culturale e paesaggistico, che quello umano, familiare e comunitario. Anche qui tre sono gli elementi che meritano di essere richiamati.
Il primo è quello della valorizzazione e piena realizzazione di una coesione sociale vera, basata anche sulla solidità della moneta e della produzione economica, ma soprattutto su di uno sviluppo centrato sulla qualità della vita, sulla giustizia sociale, sull’accesso equo alle risorse, sul sostegno alle iniziative di innovazione sociale e produttiva, e su di una rete di welfare completa e davvero protettiva per chi perde il lavoro o ha un reddito insufficiente, è malato o è solo, è giovane e deve trovare la sua strada, o è anziano e deve finire dignitosamente i suoi giorni.
Il secondo tema è quello della onestà e trasparenza, e cioè della necessità di scalfire le incrostazioni che bloccano il sistema in termini di privilegi, ruberie, sprechi, prevaricazioni. Un punto questo particolarmente difficile, perché presuppone la lotta agli interessi di fasce ampie di privilegio.
Il terzo aspetto, altrettanto importante, e quasi mai citato, riguarda il necessario cambio di mentalità che bisognerebbe cercare di produrre nell’intera compagine sociale da un punto di vista socio-antropologico, in termini di responsabilità sociale, di rispetto per la vita, di interesse per il bene comune. Solo se l’evoluzione futura della campagna procederà nelle direzioni citate potremo sperare in un futuro del Paese più sereno per tutti.
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