Qualche idea attorno al «caso Gorino»
giovedì 27 ottobre 2016

Mentre scrivo questo articolo su Goro e Gorino, squilla il telefono, è un amico scrittore: «Certo che voi veneti sentite tutti come nemici». C’è del vero, specialmente nei Comuni abitati da contadini o pescatori. La loro patria è il Comune. Al di fuori del Comune c’è la patria degli altri. Quindi l’unica autorità amica è il sindaco. Autorità nemica per eccellenza è il prefetto, che rappresenta lo Stato. Sul delta del Po è andato in scena lo scontro fra il Comune e lo Stato. Il Prefetto-Stato voleva imporre l’accoglienza di un piccolo numero di profughe. Gli abitanti si sono opposti. La volontà del prefetto aveva, agli occhi dei residenti, una sua violenza: il pullman era in arrivo per scaricare il suo contenuto umano. La reazione dei residenti ha dispiegato un’altrettanta violenza: ha costruito delle barricate, per bloccare il pullman. Frenetici conciliaboli. Alla fine, ha fatto marcia indietro il prefetto, trovando per le profughe un’altra destinazione. Cedimento inaudito, per lo Stato, ma saggio. Come dicevano le madri, quando due figli litigavano: «Il più intelligente cede per primo». Ma alla fine han ceduto anche i pescatori, rimuovendo le barricate e dicendosi disposti all’accoglienza, con un adeguato preavviso.


La notizia più caratteristica che gli inviati in questa microscopica frazione d’Italia han trovato, per colorire i loro pezzi, è che l’ospedale più vicino dista 70 chilometri. Vuol dire che se ti viene un infarto sei spacciato. Nessuna ambulanza fa in tempo a venire e portarti in sala operatoria. Lo Stato è, per i pescatori del Delta (come per i contadini della campagna retrostante), presente quando si tratta di riscuotere, assente quando deve erogare servizi. Principale servizio, la Sanità. Principale ramo della Sanità, l’urgenza.


Di fronte all’Italia e al mondo, oggi questi pescatori del Delta fan la figura degli odiatori dei profughi, che cacciano indietro delle povere donne scappate fin qui da un’altra parte del mondo, tra fughe, traversate e lutti. «Questo non è da cristiani» dice il vescovo. Ha ragione. «Provo vergogna» dice il prefetto. Ha ragione. Ascolto le donne intervistate e sento un’infinita tristezza. Dicono di aver sentito contro di sé «l’odio». Se c’è un dovere morale a cui ogni comunità, piccola o grande, deve far fronte, è tendere la mano e dare aiuto se incontra qualcuno che sta male. E qui un intero paese si rifiuta. Rinnega la sua civiltà cristiana. E questo paese sta in un’area nota in Italia e nel mondo come una parte dell’area un tempo più credente, più fedele. Com’è possibile questa contraddizione? Questo è il principale problema che avverto nella notizia, e che la stampa ignora. Poiché questa è una terra che conosco, nella quale vivo, e che amo, vorrei spendere una parola non per giustificarla, ma per spiegarla.


Non solo Goro e Gorino, e il Ferrarese, e il Veneto, ma il Nord-Est in genere ha un cattivo rapporto con lo Stato, non lo ama, non gli obbedisce, e se può si dissocia. La prima guerra mondiale, e la seconda, e il dopoguerra, sono stati momenti in cui lo Stato aveva i suoi interessi e la popolazione altri interessi. Per lungo tempo han votato Democrazia Cristiana, perché la sentivano non nello Stato, ma al di sopra dello Stato, garantita non da una ideologia terrena, ma da una fede. Poi son passati alla Lega, che non sentivano come un partito dello Stato, ma come un anti-Stato. Adesso sono allo sbando.


Dalla prima guerra mondiale ad oggi il collante fra le generazioni è questo: Se lo Stato dice qualcosa, non c’è da fidarsi. Dice che i migranti sono soltanto dodici? Sì, ma poi verranno a migliaia. Dice che non creeranno disturbo? Ma intanto ci occupano il bar, perché nell’ostello c’è l’unico bar del paese. Anche noi siamo stati emigranti? Sì, ma non ci fa piacere sentircelo ricordare. Non avevamo da mangiare. Adesso mangiamo la mela, e ricordarci la passata miseria è come scoprire un verme nella mela che mangiamo. E poi, chi sono questi che vengono qui? Gira e rigira, questa è la domanda più terrorizzante. Civiltà che non si conoscono, che non si erano mai neanche toccate, ora devono fondersi. Al primo contatto, scatta lo spavento.
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