domenica 15 gennaio 2012
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Caro direttore,
siamo ragazzi tra i 19 e i 23 anni impegnati nello studio, nel lavoro occasionale e in tirocini. Alcuni di noi stanno concludendo l’università e altri ne stanno programmando l’iscrizione. Tutti siamo in attesa di partire con l’esperienza di Servizio civile, avendo superato il bando di selezione a ottobre 2011, quando abbiamo deciso di fare una scelta, quella di impegnarci in un anno di Servizio civile, investendo e programmando su di esso il nostro tempo, la nostra vita e il nostro futuro. Lo abbiamo fatto credendo in uno Stato che incentiva i giovani ad attivarsi, che promuove progetti con determinati programmi e tempi e che in sostanza prende un impegno verso tutti noi.
Concretamente però non vediamo lo sforzo necessario per investire su noi giovani e nel sostegno di questi progetti, visto che si è venuta a creare una situazione che determina incertezza verso la reale possibilità di partire. È il nostro futuro che viene pesantemente condizionato e lo Stato, così facendo, passa un messaggio sbagliato e malato sul rispetto degli impegni. Ci domandiamo quindi cosa potrà mai garantirci questo Stato e cosa ci possiamo aspettare per il nostro futuro. Cerchiamo lavoro, ma ovunque ci rispondono che serve esperienza. Accediamo a progetti come questi del Servizio civile anche per affacciarci al mondo del lavoro e per acquisire le esperienze che ci aiutino a crescere. Mettendo in discussione questa esperienza ci troviamo le porte chiuse anche da parte dello Stato.
Siamo convinti che attualmente, in questo momento di crisi generale, i soldi comunque non manchino se si vuole continuare a investire sui giovani, sul lavoro e sul futuro nostro e dell’intero Paese. Ma serve la ferma volontà di investirli, perché lo Stato può e soprattutto deve fare questa scelta. Sulla base dell’impegno che abbiamo scelto di prenderci e nella situazione che è venuta a crearsi ci troviamo bloccati e impossibilitati a prendere decisioni a breve e a lungo termine, siamo costretti a posticipare o a vedere messi a rischio altri nostri progetti futuri, costretti perciò a vivere alla giornata. Vogliamo iniziare quanto prima questo Servizio civile, perché ci sono progetti funzionali a determinati periodi dell’anno. Che senso avrebbe per esempio cominciare un progetto di lavoro nelle scuole quando le stesse scuole stanno terminando? Vogliamo iniziare perché abbiamo fatto questa scelta, la scelta di intraprendere questa esperienza, di rispettare un impegno non solo verso di noi, ma anche verso le nostre famiglie e l’intera comunità a cui è dedicato il nostro servizio. Vogliamo iniziare per non dover posticipare oltremodo i nostri progetti di vita e per rispettare i tempi che ci eravamo prefissati. Siamo fermi, ma non per scelta. Ci sentiamo vittime, noi vogliamo fare.
Pretendiamo che rispettiate l’impegno che avete preso con noi. Pretendiamo di avere risposte chiare in tempi rapidi sul nostro futuro. Pretendiamo di avere certezze riguardo al nostro futuro.
I futuri volontari del (forse) Servizio civile nazionale
Filippo Bonadiman, Alessia Tasin, Tania Morelli, Magaly CaillaudMonica Simoncelli, Elisa Eccel, Gianluigi Giordani, Valentina Cardinale
 
Pretendere è un verbo esigente e duro, cari i miei 'forse-volontari'. E a me, in genere, non piace. Ma ammetto che avete mille e una ragione per aspettarvi dallo Stato almeno lo stesso rigore e lo stesso grado d’impegno che voi avete messo in campo offrendovi – ed essendo ammessi, ma solo sulla carta – al Servizio civile. Avete diritto, insomma, a dichiarare questa sana pretesa. E mi pare davvero paradossale che dei giovani cittadini debbano premere, e addirittura protestare, per poter servire la comunità civile della quale fanno parte. Sono infatti convinto da tempo – lo dico spesso e l’ho scritto anche qui in qualche dialogo precedente coi lettori – che una delle più importanti azioni educative da svolgere con tutta la convinzione possibile sia quella di aiutare i nostri figli e le nostre figlie a capire che la 'cittadinanza' ci dà diritti e doveri: mai gli uni senza gli altri. Credo che mettersi utilmente al servizio del proprio Paese per un tempo ben definito, ed essere messi in condizione di svolgere questo servizio, sia la migliore delle 'scuole' che si possano immaginare.
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