venerdì 12 luglio 2013
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Il fenomeno della globalizzazione fa sentire i suoi ef­fetti anche nell’ordinamento giuridico del più picco­lo Stato del mondo: la Città del Vaticano. Lo dimostra il consistente intervento del legislatore vaticano desti­nato a innovare, in vari casi profondamente, il sistema penale e processuale penale dello Stato. Per comprendere le ragioni dell’ intervento giova ricor­dare che nel 1929, quando venne creata la Città del Va­ticano a seguito dei Patti Lateranensi, si pose il proble­ma di provvedere immediatamente a dotare la stessa di leggi adeguate, non potendosi attendere i tempi, ne­cessariamente non brevi, di intervento del legislatore del nuovo Stato. Il problema fu risolto attraverso la re­cezione dei codici allora vigenti in Italia. Da quel mo­mento però la materia civile e quella penale hanno a­vuto vicende diverse, perché nel 1946 lo Stato fu dotato di un suo proprio codice di procedura civile e nel 2008 la nuova legge vaticana sulla fonti del diritto sostituì il codice civile italiano del 1865 con il codice civile del 1942, tuttora in vigore in Italia. In materia penale e di processo penale, viceversa, la si­tuazione è rimasta sostanzialmente quella delle origini, se si eccettuano alcune modifiche apportate nel 1969 da Paolo VI. Con le leggi approvate ieri dalla Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, cioè l’organo che esercita il potere legislativo, si danno so­stanziali modifiche ai codici vigenti: quello penale italiano del 1889 e quello di procedura penale italiano del 1913. Si deve dire subito che si trattava di ot­timi codici, di impianto liberale, ade­guatamente garantisti, che anche nelle più recenti e note vicende hanno dato buona prova. E tuttavia i profondi mu­tamenti che la società ha conosciuto ne­gli ultimi decenni e l’affermarsi di nuo­ve forme criminali, avevano via via mes­so in luce l’esigenza di un intervento so­stanzioso sul sistema penale originario, per mettere anche il Vaticano in linea con gli standard invocati dalla comunità internazionale e nella condizione di af­frontare meglio – e, per certi versi, in ma­niera davvero esemplare – i nuovi feno­meni criminosi. Si noti al riguardo che se lo Stato è piccolissimo e se il suo po­polo è estremamente ridotto, tuttavia il suo territorio è attraversato ogni anno da un numero proporzionalmente e­norme di persone: sono oltre diciotto milioni, infatti, coloro che si recano an­nualmente in Vaticano per motivi reli­giosi, turistici, di lavoro. A questo si deve aggiungere che per va­rie ragioni la criminalità assume sem­pre più dimensioni che superano i con­fini dei singoli Stati e impongono forme di intervento coordinate tra di loro. La società internazionale si è data progres­sivamente strumenti giuridici atti a pre­venire e reprimere questi fenomeni; molte convenzioni internazionali sono intervenute, ad esempio, in materia di terrorismo, di traffico illecito di sostan­ze stupefacenti e psicotrope, di tortura o altri trattamenti inumani, di lotta alla discriminazione razziale, di genocidio, di delitti contro l’umanità, di protezione dei fanciulli. Si tratta di convenzioni ra­tificate dalla Santa Sede, che condivide e sostiene gli sforzi delle comunità politiche naziona­li e della comunità internazionale per la sicurezza e l’ordine dell’intera famiglia umana; esse avevano però bisogno di una piena attuazione interna. Non è questa la sede per entrare in un esame dettaglia­to delle nuove disposizioni, che prevedono tra l’altro l’introduzione di nuovi reati o la ridefinizione di fatti­specie penali già esistenti, l’abolizione della pena del­l’ergastolo, l’enunciazione del principio del giusto pro­cesso, la modifica delle norme generali in materia di giu­risdizione, il rinnovamento del sistema di cooperazio­ne giudiziaria internazionale e la disciplina della re­sponsabilità amministrativa delle persone giuridiche derivante da reato. Tuttavia è importante notare che, co­me già accaduto nel 2010 col provvedimento di Bene­detto XVI per il contrasto delle attività illegali in campo finanziario, anche questa volta il motu proprio di Papa Francesco dispone che la nuova normativa, dettata per la vita della Città del Vaticano, si estenda pure alle per­sone e agli enti operanti nella Santa Sede e alle istituzioni a questa collegate, con l’effetto di allargare la competenza penale degli organi giudiziari statali vaticani. Nel perseguimento degli specifici obbiettivi indicati, le riforme ora introdotte nell’ordinamento vaticano ten­dono a mantenere viva e vitale l’esigenza che è alle ori­gini stesse della nascita di questo micro-Stato: garanti­re, rispetto a ogni autorità e a livello planetario, la piena libertà e la reale indipendenza del Papa nell’esercizio della sua missione spirituale nel mondo.
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