domenica 6 marzo 2011
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A nche noi il 17 marzo, in una delle no­stre chiese di montagna, celebreremo l’Unità d’Italia con Messa e Te Deum. Pre­gheremo per questa Italia che era un’unica realtà – attraversata da molteplici linee di scambi e parentele – molto prima di essere un solo Stato. Scorre lo stesso sangue nelle vene dei liguri e dei siciliani occidentali. Le genti del Sannio campàno hanno da due­mila anni parenti e discendenti a Massa-Carrara. In Abruzzo, in Calabria e in Sicilia vivono gli eredi degli albanesi inviati da Scanderberg a metà del Quattrocento.Ringrazieremo Dio per la nostra lingua co­mune. Un fiorentino del Trecento ha co­struito con questa lingua un monumento della letteratura universale; un milanese del­l’Ottocento l’ha rimessa nel circuito popo­lare; a Natale, accanto al presepe, si canta­no le strofe di un avvocato napoletano, ve­scovo e santo. Pregheremo ricordando le maestranze che da ogni regione italiana, nel Sei e nel Settecento, sono andate ad abbel­lire Roma, Napoli, Ferrara e Venezia. L’Ot­tocento ha portato i carbonai veneti in To­scana e Liguria; il Novecento ha visto le mondine abruzzesi e molisane nelle risaie piemontesi; i pescatori di San Benedetto del Tronto hanno circumnavigato lo Stivale per stabilirsi alla foce del Magra, tra Liguria e Toscana.Ricorderemo il popolo del Sud che nel dopoguerra è salito a costruire strade, case e fabbriche nel Nord. Gli accenti meri­dionali risuonano ancora a Genova, a Tori­no, a Milano. Ringrazieremo Dio per i cristiani eminenti che hanno alimentato la crescita spirituale e umana dell’Italia. Per Bruno, fondatore dei certosini, che ha trovato la pace monastica sulle Serre della Calabria. Per Antonio che ha camminato dalla Calabria al Veneto pri­ma di legare il suo nome a Padova. Per il ve­neto Gaetano di Thiene che ha servito il po­polo, la gioventù, i poveri, i malati di Napo­li. Per Luigi Orione, ligure-piemontese, sem­pre in prima linea nel soccorso ai terremo­tati di Messina e d’Abruzzo. Ringrazieremo per la gente comune, che si è mossa tante volte per soccorrere il Paese ferito: i giovani a ripulire Firenze e i suoi te­sori dal fango dell’alluvione, le ammini­strazioni pubbliche e private e i volontari ad assistere il Belice e l’Irpinia. Se oggi accet­tassimo l’idea che ogni territorio si tiene il 'suo', significherebbe che non abbiamo più bisogno di fraternità e di solidarietà. E nel dividere la ricchezza, chi terrà conto di de­biti e crediti? E la Storia? E la cultura? Non si possono dividere, solo condividere.Ascolteremo i maestri di unione. Don Pu­glisi, don Diana, il giudice Livatino, testi­moni di verità fino al dono della vita: han­no lavorato per il Nord, il Centro e il Sud. Come il commissario Giovanni Palatucci, che ha unito Nord e Sud nell’impresa di strappare i perseguitati ebrei alla barbarie nazifascista.Ringrazieremo Dio per la Costituzione re­pubblicana, per i Padri fondatori che 64 an­ni fa – superando divisioni e contrapposi­zioni – ce l’hanno preparata, per i maestri cristiani che l’hanno fatta amare, da Alcide De Gasperi a Giuseppe Dossetti e a Loren­zo Milani. Ringrazieremo Dio perché il Pat­to costituzionale sta resistendo alle tenta­zioni di indebolirlo. Pregheremo per chi ha il potere e il dovere di servire il Paese tutto. E per gli anziani che hanno faticato per co­struire il presente. Ringrazieremo assieme ai giovani che rifiutano sballo e disimpegno, che si preparano a servire il bene comune, che intendono difendere l’eredità di una memoria italiana condivisa.
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