giovedì 4 novembre 2010
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Sia che arrivi stentatamente a primavera, sia che duri un altro anno intero o raggiunga addirittura la fine del canonico quinquennio, questa XVI legislatura appena giunta al suo giro di boa rischia di rivelarsi come la più faticosa e povera sul piano legislativo della storia repubblicana. Ci siamo lasciati alle spalle da non molte settimane un’estate politica bollente, segnata da un continuum polemico senza precedenti. Più volte abbiamo sentito preconizzare l’arrivo dell’autunno come il momento della chiarezza - nei rapporti interni alla maggioranza, ma anche nella dialettica istituzionale - con l’avvio di una ripresa operativa che avrebbe dovuto obbligare le Camere a un tour de force mozzafiato.Ebbene, Montecitorio e Palazzo Madama hanno riaperto i battenti da un buon mese e mezzo, ma di superlavoro non si vede traccia. Al contrario, i corridoi e le aule appaiono per lo più semideserti, l’attività delle commissioni procede con il contagocce, le votazioni in assemblea si concentrano in poche sbrigative sedute. E nel complesso dei 30 mesi trascorsi dal voto di aprile 2008, come documentiamo a pagina 11, il bilancio anche solo numerico del lavoro compiuto è desolatamente deficitario.Tutta colpa, è una delle spiegazioni più gettonate, della paralisi legislativa imposta dal blocco della spesa pubblica e dai tagli di bilancio: una blindatura, si osserva, che non consente di mettere sui tavoli provvedimenti che, sia pure di poco, comportino variazioni in entrata o in uscita dei conti. Può darsi, ma non spiega tutto. Destino non migliore sta infatti caratterizzando anche le cosiddette riforme "a costo zero" e gli interventi normativi di natura puramente riorganizzativa o procedurale. A cominciare da tutte le proposte che rientrano nel tormentatissimo capitolo della giustizia, dove i ddl escono dai cassetti e vi rientrano dopo improvvise fiammate e in cui lo stillicidio dei rinvii, dei ripescaggi e degli accantonamenti prosegue da quasi due lustri.In realtà, complici il clima di rissa su materie che con il mestiere di fare leggi non hanno nulla da spartire e il prevalere di logiche di schieramento o di ricerca di nuove collocazioni e leadership, stanno ormai giungendo al pettine nodi intricatissimi, aggrovigliatisi nel tempo a causa di fattori tanto complessi quanto diversi tra loro. Pesa, ad esempio, il riequilibrio sostanziale dei poteri, che l’avvento della sempre più "cosiddetta" Seconda Repubblica ha imposto, con l’aumento di peso dell’esecutivo ai danni del legislativo. Ma purtroppo anche con le "incursioni" della funzione giudiziaria, che talvolta sembra volersi atteggiare a "controllore" di seconda istanza. O magari, come avviene per certe sentenze, a vero e proprio "creatore di diritto".Ma entra in ballo anche una sempre più estesa attività di normazione eurocomunitaria, attraverso raffiche di direttive che da Bruxelles impongono ai Parlamenti nazionali di destinare quote crescenti di tempo e di forze al lavoro di recepimento. Si tratta di una fonte di regole talora minuziose, a volte invasiva di terreni a lungo tipici del legislatore interno, che finisce per sentirsi estromesso o ridotto a mero esecutore di decisioni prese altrove, sulle quali ritiene (non di rado a torto) di non poter intervenire.Incide infine molto, non ci stancheremo mai di ripeterlo, una composizione delle aule elaborata a tavolino da ristretti vertici di partito, al momento di stilare le liste dei candidati: logica e nefasta conseguenza di una cattiva legge elettorale, tra i cui frutti ci tocca oggi gustare quelli particolarmente indigesti di una qualità legislativa dubbia, ma anche di una "quantità" drammaticamente insufficiente. E più in generale, di una preoccupante caduta di zelo per il bene comune.È evidente che, in questo quadro, il tuttora ineccepibile principio della "centralità del Parlamento" stia subendo colpi di maglio. Come non augurarsi allora che deputati e senatori, qualunque sia il tempo loro rimasto, assecondati da vertici il meno dediti possibile a guerre di posizione e a giochi di prestigio, cerchino con uno scatto di reni e di orgoglio di recuperare parte del tempo e della consapevolezza del ruolo perduti?
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