martedì 21 agosto 2012
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La prima menzogna era contenuta già nel nome. Vennero infatti chiamate ecoballe per ingannare i residenti che si opponevano all’ingresso di tonnellate di immondizie nelle loro terre. Essi sapevano che avrebbero segnato la fine dei loro territori e della loro economia agricola. Ma di ecologico non hanno mai avuto niente. Sono solo chilometri di montagne di rifiuti tal quale accatastati nelle periferie per liberare le città durante le tante emergenze rifiuti e lasciate poi a marcire appestando l’aria e – come Avvenire ha raccontato più più volte – producendo percolato. Nella notte tra sabato e domenica, ad Acerra, tremila di queste balle hanno preso fuoco. Ed è stato l’inferno. Non è la prima volta. In pochi minuti l’aria, già ammorbata dai precedenti roghi tossici, si è fatta irrespirabile. «Allarme ambientale», titolano i giornali locali. Era l’ora. Una domenica di fuoco o, meglio, di veleni. Un incubo. Una vera tragedia umanitaria. Oltre alle balle di Acerra, infatti, a pochi chilometri di distanza è andato in fiamme un grande deposito di detersivi ad Afragola. Diossina in quantità elevatissima. Anche il sole faceva fatica a emergere dal fumo. Tanta gente è scappata via di casa per mettere al sicuro i suoi bambini.Ma i roghi non si sono fermati. A Napoli le fiamme sono arrivate a lambire il cimitero di Poggioreale, dove è sepolto il grande Totò. Sul web i volontari, che tanto onore fanno alla nostra Italia bella e matrigna, danno l’allarme. Si svegliano nel cuore della notte. Si portano sul luogo. Passano le notizie. Denunciano. Postano su Facebook immagini e filmati. Fanno quello che possono, anche se, sempre di più, vanno smarrendo la speranza. Le loro reazioni sono diverse. C’è chi continua a pensare che qualcosa finalmente cambi e chi invece, non credendo più a niente e a nessuno, si lascia andare alla disperazione. C’è chi pensa persino alla rivoluzione armata e chi, deluso dagli uomini, si affida alla preghiera. Ci sono poi coloro che sanno che la soluzione è inevitabilmente politica e invitano i diretti responsabili a farsi avanti, a fare il loro dovere. A smetterla di ficcare la testa nella sabbia. A tentare di mettere un freno a uno scandalo insopportabile. Questo desolante scenario di abbrutimento dell’ambiente e degli uomini nelle ultime ore ha raggiunto il culmine nelle campagne di Afragola. Tra i rifiuti in fiamme bruciava anche un’auto. Partono le telefonate a Vigili del fuoco e Polizia. Arrivano i pompieri con le autobotti e domano l’incendio. Alla fine dell’operazione, però, tra le lamiere annerite scorgono con orrore i resti bruciacchiati di un uomo decapitato. Un delitto di camorra.Dio mio, come stiamo cadendo in basso. E quando si comincia a scendere non si tocca mai il fondo. È come un vortice che spaventa e attrae. È il peccato. Quel mistero che distrugge l’uomo ma anche lo affascina. Da questa sciagura che stiamo vivendo in Campania nessuno uscirà a testa alta. Ognuno dovrà fare i conti con la propria coscienza e con la storia. Tanti – almeno lo speriamo – anche con la magistratura. Distruggere il creato equivale a disintegrare l’uomo, per il quale Gesù Cristo è morto. Davanti a uno scempio organizzato a tavolino da menti diabolicamente criminali ci sentiamo indifesi. Piccoli e incapaci. Ci accorgiamo che il problema è più grande di noi. Ci rendiamo conto di essere rinchiusi in trappola, se coloro che detengono il potere continueranno a fare orecchie da mercante. A fingere di non vedere un dramma che, invece, sta attraversando le frontiere. Non c’è più tempo da perdere. Occorre invocare il dono della vergogna e un pizzico di onestà intellettuale e morale. Ammettere di aver fallito è l’unica cosa dignitosa da fare, assieme al rimboccarsi le maniche per cominciare a rimediare a un danno ecologico dalle dimensioni immani.
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