sabato 4 dicembre 2010
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La situazione politica che si sta creando non è priva di qualche aspetto paradossale: i due poli che si erano presentati come le uniche alternative per la governabilità sono messi in crisi da un’inedita e ancora difficile da decifrare area «di responsabilità» che – come titolava ieri questo giornale – ha caratteristiche di «non-polo». L’asse tattico tra Gianfranco Fini, Francesco Rutelli e Pier Ferdinando Casini (più il governatore siciliano Lombardo e spezzoni del mondo liberaldemocratico). Non è cioè nella coformazione attuale – e probabilmente non diventerà mai – un «terzo polo», come peraltro ha affermato (in modo solo per qualcuno sorprendente) Pier Ferdinando Casini. Naturalmente, per ora, si tratta di ragionamenti che hanno come base le dinamiche parlamentari, che non sempre rispecchiano quelle elettorali.Si può ricordare come la precedente legislatura si sia consumata rapidamente a causa soprattutto dell’ingrossamento della rappresentanza parlamentare di estrema sinistra che aveva raggiunto il centinaio di membri, poi tutti cancellati dall’elettorato che non consentì a nessuna delle liste di quest’area di superare la soglia di sbarramento (tendenza, peraltro, che nessuno dei sondaggi preelettorali aveva pronosticato). Allora si era verificato un fenomeno contraddittorio, che vedeva uno spostamento a sinistra dell’asse parlamentare mentre si stava realizzando uno spostamento elettorale in direzione esattamente opposta.Comunque, cercando di decifrare il panorama parlamentare, è inevitabile osservare che esso è caratterizzato dalla competizione tra il polo di centrodestra tradizionale e un’area che insiste sullo stesso arco politico, una specie di centrodestra alternativo, che può contare sul sostegno parlamentare del centrosinistra, per ovvie ragioni tattiche, che però lo confinano in una posizione sostanzialmente subalterna.Questa situazione è l’effetto dell’indebolimento parallelo dei due partiti di raccolta, il Pdl e il Pd, che hanno ceduto forze parlamentari e che, stando ai sondaggi, soffrono pesanti emorragie elettorali, a vantaggio in primo luogo dei loro alleati, la Lega Nord in un caso, l’Italia dei valori – più quel singolare alleato-competitore oggi rappresentato dalla Sel di Nichi Vendola – nell’altro, e hanno subito secessioni, quella di Fini e quella di Rutelli che contribuiscono alla formazione della nuova area «non-polare».Il punto è che queste formazioni politiche dall’ispirazione maggioritaria proclamata non sono state in grado di far discendere la funzione naturale di ogni polo, che è quella dell’attrazione e dell’aggregazione. In qualche modo, si potrebbe concludere che si continuano a dimostrarsi due ex-poli o, a loro volta, due altri «non-poli».Per vie diverse e persino opposte – attraverso una personalizzazione ossessiva della leadership la coalizione di centrodestra, con un’irrisolata competizione continua tra leadership sempre contestate quello di centrosinistra – i due partiti-perno hanno emarginato ed escluso personalità e settori caratterizzati, che hanno finito con l’abbandonarli, alcuni in modo clamoroso, altri (e forse di più) in modo silenzioso.Questo non significa, naturalmente, che si possano celebrare esequie anticipate per due esperienze politiche che comunque mantengono il primato, ma appare evidente che se non sapranno reagire alla crisi che le ha investite finiranno col far mancare la materia prima per un bipolarismo che resta non a caso – quando lo si realizza in modo meno enfatico e litigioso – il modello prevalente in tutte le grandi democrazie.
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