Più spirito, meno pancia
sabato 29 dicembre 2018

Tanto per cominciare, torniamo a prenderci cura dello Spirito. Essi, perché è da li che scaturiscono ricchezze e povertà, materiali e morali. L’anno nuovo richiede nuovi propositi e forse è venuto il tempo di prender atto che siamo afflitti da una grave carestia spirituale oltre che da disuguaglianze sociali ed economiche. Viviamo tempi di profonde disuguaglianze originate da diverse miserie. Vi è certamente la povertà materiale derivante da un complesso sistema economico finanziario che nel mondo globale massimizza il profitto incurante della responsabilità sociale d’impresa, al massimo declinata nella filantropia e meglio se defiscalizzata.

È la degenerazione del turbocapitalismo che spreme il lavoro e la persona, si fonda sull’individualismo e la meritocrazia intesa come gara nella carriera e successo. Crescita del Pil con ogni mezzo e spremendo il pianeta, una ridotta platea di beneficiari multimiliardari con l’idea che lo 'sgocciolamento' di cotanta ricchezza potrà beneficare anche altri. È quel sistema iniquo con il cuore a portafoglio, più volte denunciato da papa Francesco, che abbisogna ormai di profondo rimescolamento dei criteri morali ed economici che ne hanno viziato la finalità che è per tutti e non per pochi. Questa è una povertà di sistema che affligge l’umanità, ma che non è certo l’unica e la preminente.

Vi è anche la povertà derivante dalla miseria morale di tanti che, pur disponendo di buon portafoglio e mezzi, nel sentirsi minacciati dalle crisi credono che la risposta alle paure (abilmente cavalcate da spregiudicati cacciatori di consenso politico) sia nell’erigere muri e nella esclusione degli altri; usualmente ormai il nemico è lo 'straniero' povero che viene a toglierci le risorse pubbliche, il lavoro e che minaccia la nostra identità, tradizioni e fede. Reazioni sbagliate a problemi veri (ma anche molto truccati mediante l’abuso carognesco dei social), che immiseriscono le nostre relazioni comunitarie, sempre più stanche e livorose. Guardiamo nei portafogli e ascoltiamo le pance, sempre 'social connessi' ma tristi e soli, non capiamo che invece il dolore vien dall’anima e dalla carenza di relazioni vere. Il ben essere vien dalle nostra coscienze di cui poco ci curiamo.

Diceva Benjamin Franklin: «Una buona coscienza è un Natale perpetuo». E invece, ancora oggi, al massimo siamo buoni un giorno all’anno, il 25 dicembre, e poi via che riprendiamo con le nostre lagnanze, vizi e croci gettate sul prossimo. Insomma festeggiamo, dimenticandoci del Festeggiato. Ecco forse è il tempo che per cambiare in meglio, si torni a contemplare e e vivere il Natale come grembo e senso della nostra umanità e ingegno. E da questa premura verrà un nuovo coraggio, con anche una rinnovata originalità che potrà cambiare il mondo in meglio.

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