sabato 21 maggio 2011
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Caro direttore, ho visto che anche il sito della cosiddetta "Informazione corretta" ha ripreso l’articolo pubblicato da Avvenire e intitolato «A Roma suore ospitarono ebrei su richiesta di Pio XII». Chiedo scusa, ma non riesco a digerire in nessun modo la continua e indecorosa campagna di questi signori contro Pio XII. Avendo letto e riletto non solo articoli, ma anche alcuni libri sull’argomento, non riesco a capacitarmi per lo stillicidio di malevola "informazione". Vi prego di continuare a pubblicare articoli come quello sopra richiamato, ma – ve lo chiedo per favore – replicate anche direttamente a certi esempi di cattiveria e di cattiva informazione. I nostri «fratelli maggiori» ebrei, come ci ha ricordato Giovanni Paolo II, sono da rispettare, ma non quando alcuni di loro si avventurano in polemiche continuate e gratuite...

Paolo Elia

Noi facciamo il nostro mestiere di giornalisti, caro signor Elia, e cerchiamo di farlo sempre con puntualità e precisione. Nel caso da lei citato – nuove conferme dell’impegno di Pio XII per la salvezza degli ebrei perseguitati – abbiamo ripreso una esclusiva dell’Osservatore Romano, in altri momenti abbiamo registrato fatti (non opinioni) altrettanto eloquenti, ripercorrendo vicende, proponendo dati, a volte scoprendo storie e comunque dando voce a testimonianze. La considero una straordinaria opera di verità e di amicizia utile a ebrei e cristiani e – come mi è già capitato di sottolineare – sul piano personale è anche la continuazione e condivisione di una consapevolezza maturata sin dall’infanzia nella mia Assisi, città che fu luogo fraterno di accoglienza per gli ebrei perseguitati grazie soprattutto al coraggio, alla dedizione e alla fantasia di uomini e donne di Chiesa sostenuti e benedetti dai loro superiori in perfetta linea con le preoccupazioni e le indicazioni di Papa Pacelli.Questo so. E questo Avvenire da anni mette in pagina. Il duello per il duello non ci interessa e non lo cerchiamo. Il Concilio Vaticano II ha del resto aiutato a diradare molte nubi tra noi cattolici e coloro che Giovanni Paolo II definì «fratelli maggiori» e che Benedetto XVI chiama «padri nella fede». Ma la luce che già in precedenza aveva brillato, l’impegno solidale che durante gli anni della ferocia nazista era emerso e aveva lasciato un segno buono nella storia e nelle vite concrete di tante persone, non può e non deve essere negato. Se qualcuno in campo ebraico è invece ossessionato dalla polemica, il problema è suo: perché non ha ragione. Ma è chiaro che noi non siamo disposti a inseguirlo sullo scivoloso terreno che ha scelto di calcare.
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