sabato 22 dicembre 2012
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I cristiani si preparano ad adorare nel­la grotta di Betlemme quel Bambino che è Dio stesso e si è fatto così vicino da diventare uomo come noi. È inizia­to così il discorso augurale alla Curia romana del Papa, che ha voluto ricor­dare i segni di fede e di gioia incontrati in ogni parte del mondo, in particolare nei suoi viaggi in Messico, a Cuba dove si è resa percepibile la presenza di Co­lui al quale, per molto tempo, si era vo­luto rifiutare un posto nel Paese; anco­ra in Libano dove la Chiesa è impegna­ta per costruire il dialogo e la pace, in­fine a Milano per la grande festa della famiglia. Ed è stata la famiglia al centro di una riflessione di Benedetto XVI che ha assunto grande respiro antropolo­gico e universale quando ha ricordato che la famiglia è forte e viva anche og­gi, ma deve affrontare la crisi che nel mondo occidentale la minaccia fino in radice.
La famiglia è il luogo dove si e­sprimono e si sviluppano le qualità es­senziali della persona, l’attitudine ad a­mare e a donarsi, la capacità di vivere insieme le gioie e le sofferenze che se­gnano l’esperienza comune, dove si rea­lizzano le figure e i ruoli essenziali di padre, madre, figlio, che realizzano la persona e la aprono alla società. Quan­do questi ruoli si appannano, si confon­dono, scompaiono, l’essere umano vie­ne ferito, privato della capacità di crea­re legami forti, lasciato in una solitudi­ne che impedisce di svilupparsi piena­mente. Per il racconto biblico della creazione, è proprio dell’essenza della creatura u­mana di essere stata creata da Dio co­me maschio e come femmina, e il Pa­pa richiama un recente intervento del Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim, «profondamente toccante» per costatare come le ideologie relati­viste non contestano più un determi­nato modello di famiglia, ma giungono a negare in radice la famiglia stessa, so­stenendo che la sessualità non è un da­to originario della natura umana ma un ruolo sociale plasmabile storicamente a seconda delle scelte individuali e del tipo di società che si costruisce.Si ro­vescia così la scala di valori che cono­sciamo tutti nell’intimità della nostra coscienza, dal momento che per l’indi­vidualismo estremo «maschio e fem­mina come realtà della creazione, come natura della persona umana non esi­stono più». Così, l’uomo disconosce la propria natura, finisce con l’entrare in conflitto con sé stesso, e nella discesa ni­chilista perdono tutti. La famiglia, che si dissolve in aggregati sociali diversi e disparati, i genitori che non sono più tali nell’amore e sostegno reciproco, e per la prole, i figli che perdono il posto che spetta loro nella comunità familia­re e la propria stessa dignità perché da soggetti di diritti divengono oggetto di diritto da parte di altri. Per questo mo­tivo, «nella lotta per la famiglia è in gio­co l’uomo stesso», che diventa un uo­mo astratto, impoverito di relazioni profonde, quasi perso in una solitudi­ne crescente.La lezione antropologica del Papa è di­retta a tutti gli uomini, perché ispirata a valori che strutturano la persona, ma trova nella fede e nel rapporto con Dio fondamento e sicurezza più ampi. Quando la Chiesa enuncia i principi e­tici che sorreggono la società e aiutano la persona a crescere e svilupparsi, lo fa perché essa ha conoscenza delle espe­rienze e sofferenze della umanità, sa co­sa significa essere uomini, ne ha speri­mentato limiti, grandezza, possibilità. Oggi questo ruolo si è rafforzato, e la Chiesa «rappresenta la memoria del­l’essere uomini di fronte a una civiltà dell’oblio , che ormai conosce soltanto se stessa e il proprio criterio di misure. Ma come una persona senza memoria ha perso la propria identità, così anche una umanità senza memoria perde­rebbe la propria identità». Il Natale è, ovunque, la festa della fa­miglia: alimenta le sue gioie quando e­siste ed è forte, riflette e attenua le sue sofferenze quando deve superare diffi­coltà, esprime la nostalgia per essa là dove non esiste o s’è fatta debole. L’a­nalisi del Papa è condotta con una for­za magisteriale evidente, e con un lin­guaggio appassionato, quasi a ribadire che la Chiesa partecipa e gioisce per lo sviluppo e le conquiste dell’umanità, ma deve intervenire nella crisi attuale dell’Occidente a difesa e tutela della fa­miglia, e delle nuove generazioni, co­me di beni preziosi per tutti gli uomini, di qualsiasi fede od opinione essi siano. ​
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