Perché il matrimonio non è un «rimedio»
martedì 23 ottobre 2018

«L’hai messa incinta e adesso te la sposi». Queste erano le parole con cui i genitori di una volta comandavano ai figli maschi il matrimonio riparatore, quelle nozze cioè che si celebravano perché era in arrivo un figlio. Se nel mondo laico questa cattiva abitudine era caduta da tempo, ormai anche in quello cattolico nessuno più crede che sia buona l’idea di spingere al matrimonio qualcuno perché c’è in arrivo un bambino.

Non bisogna essere degli esperti per sapere quanti matrimoni in Italia non arrivano in fondo: per cui tutti sanno che spingere a un matrimonio affrettato significa solamente aumentare le probabilità che il nascituro divenga presto figlio di divorziati. Lo disse anche papa Francesco, col suo solito modo diretto, nel giugno 2016 quando, raccontando come da arcivescovo di Buenos Aires aveva proibito le nozze “ de apuro”, cioè “di fretta”, affermò che «è meglio convivere che fare un matrimonio riparatore». Tutto ciò pare diventare improvvisamente falso quando il padre in questione è un prete, forse perché il venir meno dell’impegno preso da un sacerdote è, per un credente, particolarmente doloroso.

È una riflessione che nasce spontanea se si osserva come fervono le discussioni su “matrimonio dei preti sì, matrimonio dei preti no, celibato sì, celibato no” allorché i giornali danno notizia di un sacerdote sul punto di diventare padre: biologico intendo, ovviamente, non “spirituale”. Penso che tale anomalia dipenda da una residuale convinzione, tuttora viva e vegeta presso taluni, del matrimonio come « remedium concupiscentiae ». L’idea cioè che il matrimonio possa essere un meccanismo che, da solo, ottenga che un uomo dalla condotta sessualmente disordinata, una volta sposatosi divenga, magicamente, una persona risolta. Statistiche di ogni genere dicono che non è così. Una persona che non sa vivere una vita sessuale coerente col proprio cuore non solo non trova un’áncora di salvezza nel matrimonio, ma vede le sue difficoltà accentuate e moltiplicate.

Perché il matrimonio fa deflagrare quelle tensioni non risolte che, una vita a due, rende esplicite e amplifica. È vero cioè esattamente il contrario: hai, dirò con un eufemismo, una vita sessualmente disordinata? Allora non ti sposare: non coinvolgere nei tuoi problemi una persona che dovresti amare e rispettare. Facciamo un giro sui social in occasioni come quelle che ho citato e troveremo invece tanti commenti “cristiani” improntati all’idea che la donna e il matrimonio siano la via facile, la soluzione a problemi personali che non sono stati affrontati a tempo debito.

Sono quelle argomentazioni che radicano nel terreno di coltura che ritiene il celibato più difficile del matrimonio: quando Dio chiede “di più” chiede il celibato, invece se si “accontenta di te” chiede la strada facile del matrimonio. Il che dimostra come l’idea del matrimonio «rimedio della concupiscenza» non radichi nel mondo ecclesiastico ma nell’egoismo del cuore umano. Il che è peggio. Mi preme chiarire che l’espressione « remedium concupiscentiae », molto e malamente usata nel corso dei secoli da ecclesiastici, non trova riscontro in autori quali sant’Agostino e san Tommaso.

Poco per volta la Chiesa prende coscienza che tale visione del matrimonio è distorta – io la chiamerei sessista – e, a partire dal Concilio Vaticano II, se ne allontana con forza sempre crescente. Quando pertanto accade a preti, suore, frati e affini di diventare papà e mamme proviamo a non concentrarci sul loro ipotetico matrimonio, ma riflettiamo sulla maturità delle persone, sulla capacità di essere se stessi e di compiere scelte mature, responsabili e consapevoli.

Come può essere sensato dire “dal momento che non riesci a vivere il celibato, sposati”, ovvero: visto che non ce la fai a rinunciare del tutto alle donne, rinuncia a tutte tranne che a una? Forse che avere accanto un persona con tutti i suoi limiti, di età, aspetto, carattere, e così via, può esser di qualche aiuto a chi non ha imparato a vivere il vero amore, anche nella sua declinazione sessuale? Non c’entrano il celibato e il matrimonio, c’entra la libertà. C’entra, appunto, l’essere persone davvero risolte. Perché in fin dei conti è questo il segreto della vita felice. ©

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: