sabato 28 maggio 2011
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Gentile direttore,sono un padre di famiglia cattolico praticante. Sono rimasto sorpreso da una lettera del 25 maggio. Ma come si fa ad affermare che «non tutti i peccati hanno lo stesso valore»? Gesù alla donna adultera ha detto: «D’ora in poi non peccare più». Gesù nel discorso della montagna ha detto alle folle «Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli». Gesù non ha mai fatto classifiche di peccati. Gli uomini, per convenienza, anche politica, le fanno.

PierAngelo Donati, Parma

Meglio intendersi bene, gentile signor Donati. Io ho imparato nel nostro Catechismo che «Il peccato è un atto contrario alla ragione. Ferisce la natura dell’uomo ed attenta alla solidarietà umana». E ho chiaro che c’è sia il peccato mortale (che «distrugge la carità del cuore a causa di una violazione grave della Legge di Dio») ed è commesso «con piena consapevolezza e pieno consenso» sia il peccato veniale quando, in «materia leggera», non si osserva «la misura prescritta dalla legge morale» o quando si disobbedisce alla «legge morale in materia grave, ma senza piena consapevolezza o senza totale consenso». Ho pure imparato che «la ripetizione dei peccati, anche veniali, genera i vizi, tra i quali si distinguono i peccati capitali». Credo che riflettere su questo non ci faccia mai male, e sia utile persino in una vigilia elettorale tesa come quella che stiamo vivendo e che riguarda importanti Comuni e Province della nostra Italia... Detto questo, capisco il senso della sua riflessione. Penso anch’io, si sa, che l’impegno esemplare di chi vuol esercitare ruoli pubblici e amministrare la res publica ai diversi livelli debba essere in modo netto e pulito quello di «non peccare», anzi di fare bene e di servire il bene della comunità civile. E so che questo impegno deve essere la prosecuzione di un limpido patto con gli elettori. Un patto che per noi cattolici è fondato prima di tutto – e ieri il cardinal Bagnasco lo ha ricordato con efficacia e precisione – sulla chiarezza dei riferimenti valoriali, a cominciare dal rispetto della vita umana in tutte le sue fasi (non uccidere) e dalla valorizzazione della famiglia (onora il padre e la madre). L’abbiamo detto e scritto molte volte: una società giusta si costruisce necessariamente su quelle fondamenta e – nelle altre grandi opzioni – è conseguente con esse. Non è una consapevolezza solo "cattolica", perché chiunque può coglierne ragionevolezza e razionalità, ma è certamente al centro dell’umanesimo cristiano. E a mio giudizio il "peccato più grave" che può essere compiuto da un politico è quello di disprezzare, distruggere o anche solo far finta che non siano decisive quelle basi essenziali, quei valori irrinunciabili dai quali discendono «conseguenzialmente» tutti gli altri. Se questa intenzione negativa sta scritta nel programma di chi si candida a governare città e territori, se è reiterata e precisata in affermazioni e slogan, noi da elettori dobbiamo farci i conti, chiederne ragione, tirare – in retta e formata coscienza – le conclusioni.
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