La non-cultura camorristica e il video vergognoso del taglio di capelli
mercoledì 27 aprile 2022

Un video orribile. Un salto indietro nel tempo di migliaia di anni, fino a riportarci all’età della pietra. Un fatto che non deve passare inosservato. Una donna di Caivano, per vendetta, si porta a casa della sua rivale, a Napoli, e, con una violenza inaudita, mentre altre guardano e filmano la scena, la scaraventa a terra e le taglia i capelli. La poverina si difende come meglio può. La si sente piagnucolare: «A., ti voglio bene. Basta! Ti voglio bene». Ma la signora A., inviperita, la tiene ferma, a terra, e con un paio di affilate forbici le recide i capelli, mentre continua a minacciarla:« Vuoi essere uccisa?».

Il video sta facendo il giro dei social. Non è escluso che, essendo la signora A. in cerca di visibilità su Tik Tok, anche a questo risultato voleva arrivare. Una scena ripugnante. Intanto anche altre donne implorano la violenta: «Alessia, non accoltellarla. Non accoltellarla». Un orrore tutto al femminile. Ed è quanto dire.

L’obbrobrio giunge a termine. A. è soddisfatta. È riuscita - gesto ancestrale e disgustoso – a infliggere la “giusta” punizione alla donna che odia. La vendetta è stata consumata. Può tornarsene a casa, certa che, per la paura, la malcapitata non sporgerà denuncia. Siamo alla barbarie. Il ribrezzo e lo sgomento sono unanimi.

Il video è già nelle mani degli inquirenti che certamente faranno il proprio dovere. Ma noi vogliamo porci qualche domanda che va al di là della legge che – per sua natura – può solo punire i reati. Noi ci chiediamo come abbiamo potuto arrivare a tanto. Forse aveva ragione Umberto Eco quando affermò che « I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar davanti a un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività». Una serpe che si morde la coda. Pur di apparire ed essere riconosciuti, tanti postano su questi canali qualsiasi cosa che possa incuriosire. E se non hanno niente di cui discutere, eccoli scendere negli abissi più fetidi del cuore umano per tirare fuori qualcosa. E pensare che Caivano nella graduatoria per la videosorveglianza è arrivata al 1.614° posto.

Nei giorni scorsi, il vescovo Antonio Di Donna, in occasione della visita del presidente Mattarella ad Acerra, la sua diocesi, per commemorare un eccidio avvenuto nel mese di ottobre del 1943, durante il quale ben 88 persone furono massacrate dalle truppe naziste in ritirata, si è detto un po’ deluso, per le parole del presidente della regione Campania, il dottor Vincenzo De Luca, il quale vorrebbe affermare che il dramma “Terra dei fuochi” è stato risolto e che la Campania è oggi la regione più monitorata d’Italia.

Le cose vanno insieme. Nei giorni scorsi le forze dell’ordine hanno smantellato un paio di clan operanti nella zona Napoli nord, tra Arzano, Frattaminore, Frattamaggiore portando in carcere almeno una trentina di persone, tra cui diverse donne. Nemmeno il tempo di cantare vittoria e già nella notte tra lunedì e martedì scorso i soliti vigliacchi hanno esploso diversi colpi di arma da fuoco all’indirizzo di un garage al mio paese.

Le cose vanno insieme. Occorre avere uno sguardo globale. Lo Stato in questi territori deve essere più presente, in ogni sua compagine. Siamo riconoscenti al comando dei Carabinieri, al prefetto di Napoli e alla ministra Luciana Lamorgese che, accogliendo le nostre reiterate richieste, hanno trasformato la Tenenza dei carabinieri di Caivano in Compagnia. Occorre che sul territorio ci sia più personale specializzato e una fitta rete di videosorveglianza all’avanguardia. Ma occorre soprattutto che i diritti – tutti - riservati agli italiani del Nord siano assicurati anche agli italiani del Sud.

Il video in questione è semplicemente vergognoso. Una donna - a quanto sembra è anche mamma - che a distanza di due mesi da una lite avvenuta nel giorno della festa delle donne in un noto locale napoletano - e continuata poi sui social - sente il bisogno di consumare la sua vendetta a freddo, in un modo orribile, è più grave di quanto possa sembrare a prima vista. I servizi sociali devono tenere sotto controllo queste persone. Diverse volte ho scritto che “la camorra è un albero maledetto che affonda le radici maledette in un terreno maledetto che è la cultura camorristica”. O meglio la sub cultura, la non-cultura camorristica; quell’insieme, cioè, di modi di ragionare, di pensare, di agire che danno origine a regole non scritte che dovranno poi essere a tutti i costi osservate.

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