Camorra e imprenditori: in Cassazione due condanne fanno giustizia
mercoledì 20 gennaio 2021

Quanti bocconi amari abbiamo dovuto ingoiare, quante paure vincere. Che ci fossimo cacciati in un ginepraio avvelenato come la stessa terra che avevamo intenzione di difendere, lo abbiamo sempre saputo; non sempre, però, avevamo messo in conto che i tempi per arrivare a qualche verità, contro i signori dei rifuti tossici e della camorra che con loro aveva annusato il grande affare, potessero essere tanto lunghi e scoraggianti.

Il caro poliziotto Roberto Mancini, aveva capito subito il nesso tra malattie oncologiche, camorra, rifiuti tossici. E lo aveva denunciato fin dal 1996. Caro, indimenticabile Roberto, l’unica cosa che potei fare, per dirgli la nostra riconoscenza e il nostro affetto fu quella di correre a Roma per celebrare i suoi funerali.

Anche lui, come tanti nostri cari, infatti, nella “terra dei fuochi”, aveva trovato prima la malattia poi la morte.

I cittadini protestavano, denunciavano, i responsabili si difendevano, supportati da qualche agronomo chiamato in causa. I negazionisti tacciavano i cittadini di essere allarmisti. Il processo all’avvocato Cipriano Chianese, accusato di avere avvelenato i terreni di Giugliano con la sua discarica che andava sotto il nome di Resit, andava avanti.

Lentamente, stancamente. Le giornate sono lunghe, i tempi cambiano, la pandemia ha fatto il resto.

I genitori di un bambino cui il cancro ha spento la vita, i figli di una giovane mamma morta di leucemia, sono troppo immersi nel dolore per continuare a credere che la giustizia trionferà. Troppo lunghi e snervanti sono i tempi che richiede.

Invece, proprio in questi giorni di grande preoccupazioni per le sorti del nostro Paese, arriva la notizia tanto attesa: La Corte di cassazione ha condannato in via definitiva a 18 anni di carcere Cipriano Chianese, e 15 anni, Gaetano Cerci, altro imprenditore dei rifiuti vicini al Clan dei casalesi. L’accusa è di associazione camorristica e avvelenamento delle acque.

È proprio vero? Facciamo quasi fatica a crederci. Verrebbe da gridare dalla gioia. I cristiani, però, non gioiscono mai al pensiero che una persona venga rinchiusa in carcere. No, non è un malcelato senso di vendetta che oggi ci fa riprendere coraggio, ma la constatazione che la giustizia finalmente è arrivata a mettere un punto fermo a questa vicenda che ha dell’incredibile.

Questa sentenza getta luce su tanti punti tenuti volutamente nell’ombra. Il pensiero corre, in questo momento, a tutti coloro che, negli anni, hanno parlato e scritto della “terra dei fuochi” come di una grande bufala. Per costoro, non c’era niente di vero, ma solo tanto, inutile, chiasso. Il loro inquinamento non aveva niente da invidiare a quello dei terreni.

Tutto, quindi, era da mettere a tacere. Tacere: il silenzio complice del male che fa più male dello stesso male. D’altronde non era difficile, la camorra, cui facevano capo Chianese e Cerci, da sempre tiene sotto controllo l’intero territorio, minacciando e terrorizzando la povera gente. La parola d’ordine è stata sempre: zitto! Devi stare zitto. Il dito indice della mano destra, messo in verticale sulle sue stesse labbra, che il camorrista di turno, o uno dei suoi scagnozzi, ti mostrava con volto serio e minaccioso, bastava a farti capire che era meglio per te cambiare strada.

Tu taci, mentre loro fanno i propri affari milionari. Tu muori avvelenato dai riufiuti tossici, dalle esalazioni dei fumi puzzolenti, dalla falde acquifere inquinate mentre loro ingolfano i conti in banca. Un ringraziamento, commosso, riconoscente, a tutti coloro che, in questi anni non si sono arresi, hanno vinto la paura, non si sono lasciati comprare.

Ai volontari, ma anche a tanti magistrati; alle forze dell’ordine ma anche a quei giornali come il nostro “Avvenire” che dopo aver scoperchiato il pentolone hanno saputo tenere accesa la fiamma dell’interesse e la ricerca della verità. Un grazie a papa Francesco, perché con l’enciclica Laudato Si’ ha richiamato l’attenzione del mondo intero sulla necessita di custodire e difendere il creato.

Disastro ambientale. L'ennesimo incendio doloso nella discarica Resit, a Giugliano, in provincia di Napoli, nell'ottobre del 2017

Disastro ambientale. L'ennesimo incendio doloso nella discarica Resit, a Giugliano, in provincia di Napoli, nell'ottobre del 2017 - Archivio Avvenire

La notizia della condanna

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 18 anni di carcere, per associazione
camorristica e avvelenamento di acque, per l'imprenditore dei rifiuti Cipriano Chianese, ritenuto tra gli ideatori, per conto del clan dei Casalesi, del sistema delle ecomafie e dello smaltimento illecito dei rifiuti. Chianese (difeso dagli avvocati Giuseppe Stellato e Alfredo Gaito) è stato riconosciuto responsabile del disastro ambientale della discarica Resit di Giugliano in Campania (Napoli), un impianto nel quale vennero
fatti confluire con la regia della camorra rifiuti di provenienza lecita e illecita, in assenza di adeguate misure di controllo, determinando alla fine una situazione di gravissimo danno ambientale sul territorio. (Ansa, Napoli 19 gennaio)



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