martedì 26 marzo 2013
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Sono tornati. Più numerosi di prima. È tornato un popolo deciso a far sentire la propria voce ai responsabili politici che, non potendo renderlo muto, si fingono sordi. La Francia contraria al riconoscimento del matrimonio omosessuale ha di nuovo invaso Parigi domenica scorsa con una «manif» ancor più vasta e impressionante di quella che aveva fatto il suo debutto a gennaio. Una mobilitazione che ha suscitato lo stupore di molti osservatori, la stizza di esponenti del governo e la reazione a dir poco eccessiva delle forze dell’ordine che hanno lanciato gas lacrimogeni contro famigliole e bambini per difendere l’inviolabilità degli Champs Elysées (pensavamo fino a ieri che fosse soltanto un celebre viale e non qualcosa d’intoccabile, più sacro del matrimonio a quanto pare…).Colpisce che una simile notizia abbia trovato pochissimo spazio sui giornali italiani, come se fosse una curiosità bizzarra d’Oltralpe e non ci riguardasse per niente. Il fatto è che la legge che autorizzerà le coppie dello stesso sesso a unirsi col vincolo giuridico del matrimonio è già stata approvata a larghissima maggioranza dall’Assemblea nazionale, il parlamento francese oggi dominato dal Partito socialista. Eppure centinaia di migliaia di persone hanno voluto ribadire il loro no al mariage pour tous, il matrimonio per tutti, ambigua formulazione con cui si vuole equiparare qualsiasi tipo d’unione affettiva all’istituto della famiglia. Lo hanno fatto ubbidendo, per dirla con Max Weber, all’etica della convinzione, in forza cioè di un principio non negoziabile. Ma al tempo stesso hanno agito anche in base all’etica della responsabilità, attenti al contesto sociale e politico in cui si colloca la loro azione di protesta. Come ha scritto il quotidiano Le Monde, la prova di forza che il presidente Hollande ha ingaggiato sul matrimonio gay può rivelarsi «una battaglia di troppo» in aggiunta a quelle che lo vedono in grande difficoltà sul fronte della grave crisi economica.A schierarsi contro l’inquilino dell’Eliseo c’è un ampio schieramento trasversale di credenti di tutte le fedi e di agnostici, di intellettuali e di gente comune, di conservatori ma anche di progressisti. Sul piano strettamente giuridico infuria la discussione tra gli esperti di diritto, pronti a rivolgersi all’istanza suprema del Consiglio di Stato. A livello politico la battaglia si sposta ora al Senato dove la maggioranza di sinistra è molto più risicata e quasi sicuramente verranno avanzati emendamenti che renderanno necessario il rinvio della legge all’Assemblea Nazionale. Una cosa dovrebbe essere evidente: un argomento così delicato e cruciale che tocca il senso comune oltre che i fondamenti etici e giuridici della nostra civiltà non può venir delegato ai politici e approvato a colpi di maggioranze parlamentari. Non è un caso che tra gli oppositori del suo progetto s’avanzi la richiesta di convocare  dei veri e propri "Stati generali" che coinvolgano l’intera società. C’è una Francia che non può e non vuole essere dimenticata o, ancor peggio, denigrata. I sondaggi dicono che la maggioranza dei francesi è favorevole al matrimonio omosessuale, ma che solo una minoranza si dice d’accordo con l’adozione da parte delle coppie gay. Il che significa semplicemente che in giro c’è molta confusione, dato che l’adozione dei figli è strettamente legata al matrimonio… Se Hollande vuole introdurre il matrimonio omosessuale, affronti a viso aperto una discussione pubblica, accettando di far capire a tutti i francesi (e non solo a loro) di che cosa davvero si tratta. Chi non vuole tener conto dell’etica della convinzione abbia almeno il coraggio dell’etica della responsabilità.
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