giovedì 10 novembre 2011
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Nel Paese globale nascere nell’emisfero giusto è il primo gol, per tutti. Se una conferma doveva arrivare, è arrivata con la crisi economica internazionale che morde le società affluenti e sommerge i Paesi più poveri della terra, mentre il relativismo mediatico ci restituisce con lo stesso peso specifico il lusso delle città della Vecchia Europa in cerca di rilancio sui mercati e i villaggi del Corno d’Africa, dove migliaia di bambini muoiono. Di morbillo, ancora, e di malaria. Indifferentemente, nell’indifferenza di troppi. E così viviamo come se essere così diseguali fosse inevitabile, scontato, finché non bussano alle nostre porte storie di ordinaria e dolorosa immigrazione, e ci costringono, spesso di malavoglia, a renderci conto che tutto è cambiato. Che un mondo così non può reggere a lungo.Perché un mondo globale e diviso è un ossimoro, una contraddizione, un paradosso. È questo uno dei significati del recente documento della Chiesa Cattolica, che ha richiamato il mondo all’assunzione di responsabilità, a prendere atto di una verità semplice pur tuttavia profonda e complessa. E cioè che l’Occidente ricco deve sostenere economicamente il più bisognoso. E non è una teoria "socialista" quella della Chiesa, quanto un’affermazione ulteriore del valore dell’umanità intesa come "famiglia", una realtà che la globalizzazione mostra a chi nega che le leggi dell’economia possano ispirarsi anche ai valori di solidarietà e giustizia sociale.Nel recente documento del dicastero di Giustizia e Pace del Vaticano «Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale» torna il coraggio di affermare il primato umano rispetto alla tecnologia. Sembra un’operazione semplice, scontata, ma non lo è. Se lo fosse, non morirebbero ogni anno circa 10 milioni di bambini quasi tutti concentrati in 42 dei 192 Paesi presenti sul globo. Se il documento della Chiesa non dicesse nulla di fondamentale, più del 90% della produzione globale dei farmaci non sarebbe consumata soltanto dal 15% della popolazione mondiale. Proprio la salute è il campo dove le diseguaglianze sono più forti. Perciò negli otto Obiettivi del Millennio, sottoscritti nel 2000 da 191 capi di Stato, come un patto planetario per costruire un mondo più sicuro e più equo per tutti, ben tre sono obiettivi relativi alla salute: ridurre di due terzi la mortalità infantile, migliorare la salute materna e combattere l’Aids e le malattie della povertà. Obiettivi che, nella crisi che stringe l’intero pianeta, sembrano una chimera.Il documento della Chiesa è un attacco all’uso distorto delle libertà in economia, all’assolutizzazione del capitale economico come mezzo e come fine di ogni progetto finanziario, all’immaginare un sistema di regole economiche e finanziarie che non tiene conto dell’umanità a cui deve necessariamente riferirsi. E a questo proposito fa piacere ricordare come Benedetto Croce sosteneva che un provvedimento economico poteva definirsi liberale non se «semplicemente produttivo» ma piuttosto se «salutare ai più e ai tutti, all’uomo in forza della sua dignità di uomo». Ecco la forza del documento, una forza trasversale, laica e religiosa.Se la tutela della salute di tutti è una delle finalità di questo processo di redistribuzione globale delle risorse, proprio una percentuale ottenuta dalle transazioni finanziarie delle aziende farmaceutiche, può servire a costituire un fondo speciale da utilizzare per ridurre le diseguaglianze in salute. Perché non accada in futuro che un Paese industrializzato spenda per curare un paziente sieropositivo 8 mila euro l’anno, mentre nei Paesi poveri se ne spendono cento, con la conseguenza di milioni di vittime evitabili. So, per esperienza, come presidente dell’Istituto superiore di sanità, quanta fatica e quanto sforzo serva per mandare avanti progetti internazionali di qualità. Abbiamo creato una rete di eccellenza per sconfiggere la malaria e ultimamente abbiamo ricevuto da una fondazione privata un ulteriore sostegno per questi sforzi. Con gli studi sul vaccino contro l’Hiv stiamo cercando di creare, nell’ambito della sperimentazione, anche delle strutture che abbiano un valore sanitario in Sudafrica e nelle quali stiamo cercando di creare competenze. È tanto, per i finanziamenti attuali e per le risorse, ma è pur sempre una goccia nel deserto.Riequilibrare le diseguaglianze e combattere le discriminazioni tra i cittadini sta scritto nelle due Costituzioni che abbiamo sottoscritto, quella italiana, in vigore dal 1948, e il recente Trattato europeo. L’Italia e l’Europa, perciò, non possono essere indifferenti a un richiamo etico che va in questa direzione, ignorarlo nelle loro legislazioni future. Serve un contributo di solidarietà. Serve pensare a un Paese globale. E la salute è una delle sfide più importanti perché questo Paese, come avverte lo stesso documento pontificio, non diventi un’incomprensibile e disperata Babele.
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