domenica 27 maggio 2012
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Ogni volta che sento o leggo di qualche atto folle o insano capace, così spesso, di distruggere vite (10 omicidi al mese in Italia tra le mura domestiche più l’orribile atto stragista di Brindisi), mi dico, mi domando: Ma non esiste più il timor di Dio? Lo dico però a me stesso, in silenzio, ripensando a quanto con questa espressione i miei anni giovanili abbiano fatto i conti. Se facevi qualcosa che non andava Dio ti vedeva. Ogni trasgressione, ogni mancanza era sotto la divina lente. E come rinunciavi a temere Dio, tutto ti poteva andare storto. Una formazione condizionata e un po’ bigotta, forse. Ma il bene, il giusto, il dovere, il rispetto, i buoni propositi stavano da una parte sola, la stessa dove stava Dio. Oggi l’espressione 'timor di Dio' la conservo, ma la dico a me stesso perché fuori di me non la trovo. Ben pochi, oggi, sembrano temere Dio. Così nessuno, prima di compiere un gesto sconsiderato, ma anche prima di ingannare, rubare o rubacchiare, falsare, mentire, tradire e fare il furbo sembra domandarsi se Dio, da qualche parte, non potrebbe vederlo. La società secolarizzata, la libertà dell’individuo, il dover rispondere di tutto, ormai, solo a quella parete mobile che chiamiamo coscienza, ha portato a eliminare il timor di Dio dall’orizzonte dell’agire umano. Diciamo tutti 'grazie a Dio' anche per indicare che è passato il mal di testa e lì, nel discorrere quotidiano, il nome dell’Essere Supremo si apre e chiude. Ridotto a un intercalare. E dire che, a ben guardare (ma chi, ormai, sa ben guardare?), il timor di Dio è ovunque. Scritto da tutte le parti nella Bibbia a cominciare da Adamo che ha paura e si nasconde quando sente nel giardino il passo del Signore. Ma se «il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò timore?» dice Davide. Al roveto ardente Mosè si vela il volto perché ha paura di guardare verso Dio, poi al popolo dice: «Il suo (di Dio) timore vi sia sempre presente». Dai Salmi viene l’invocazione: «Beato l’uomo che teme il Signore». «Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore» raccomanda Paolo ai Filippesi. Sentirsi al riparo da ogni male è per don Bosco il timor di Dio. Eccetera. Ma se io oggi parlo a una persona di timor di Dio quante possibilità ho che non mi prenda, ad andar bene, per un essere ammuffito e superato? La Bibbia, d’accordo, non sarà pane quotidiano di questo nostro tempo, ma settimo dono, per la Chiesa, dello Spirito Santo, il timor di Dio corre anche su e giù nella letteratura che ci ha nutriti. Quante volte non l’abbiamo trovato nei Promessi Sposi? Lo nomina Agnese, lo nominano Renzo, fra Cristoforo, don Abbondio, Lucia, un po’ tutti. È la Provvidenza stessa che, per manifestarsi, lo prevede. Non può chi non teme Dio sperarne l’ausilio. Detto questo, la domanda: oggi, accantonata l’espressione, può esserci ancora timor di Dio? E, ammesso che ci sia, dove si trova? Forse chiuso, sigillato in un retropensiero come in uno scrigno che si conserva ma che, considerato un’anticaglia, nessuno più vuole aprire? Aveva salvato matrimoni il timor di Dio, aveva scongiurato follie, evitato gesti insani, perdonato torti, riportato chi sbandava sulla diritta via. Aveva fatto del bene, non aveva sparso chiodi, non aveva infestato i campi di gramigna. Ma dopo il secolo scorso in cui è stato prima offeso, poi calpestato, infine irriso, e dopo questo primo decennio del Millennio segnato ancora da guerre e terrorismi vari, minacciato da nuove povertà, patimenti e dolori, c’è da chiedersi da che cosa sia stato sostituito il timor di Dio. Che equivale poi a chiedersi di chi e di che cosa ci sia timore oggi. Ma la risposta qui non è difficile: di tutto c’è timore. Della malattia, della povertà, della precarietà, della sofferenza, perfino della sfortuna, della vecchiaia e, naturalmente, della morte. Di tutto, tranne che di Dio. Ed è chiaro, allora, che non temere Dio vuol dire vivere come se Dio non ci fosse. E vuol dire, anche e soprattutto, rinunciare a un Dio che ci è padre. Lo si ama il padre, ma pure lo si teme, tutti abbiamo certo amato, ma anche temuto nostro padre. Sicché oggi questo vasto azzeramento del timor di Dio non vuol dire esserci affrancati da una presenza opprimente, ma rischiare di essere rimasti orfani del miglior Padre che potevamo, che possiamo e che potremmo avere.
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