domenica 5 settembre 2010
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Caro direttore,mia madre, 83 anni, nata e residente nel sud, cattolica praticante, sostiene che bloccare gli emigranti in Libia sia la migliore soluzione. Le ho fatto notare che sicuramente le carceri italiane sono alberghi a 5 stelle se confrontate con i centri di accoglienza libici (non è possibile neanche visitarli). Mi ha risposto con molta naturalezza che è meglio che gli africani risolvano i problemi tra loro, ognuno a casa propria. L’ho poi informata che la Libia per questo lavoro di badante ha chiesto all’Europa 5 miliardi di euro. Mi ha risposto che se ci fosse stato Mussolini tutto questo non sarebbe successo e che noi europei da padroni siamo diventati garzoni. L’altro giorno un uomo italiano era sdraiato a terra e nessuno tra i passanti si fermava. Sempre mia madre mi ha consigliato di imitare gli altri, altrimenti avrei passato dei guai sia io che la mia famiglia. Le ho fatto osservare che come l’Italia ha affidato gli emigranti alla badante Libia, spero che anche lei non possa mai aver bisogno di una badante. Mi ha risposto: "Sia fatta la volontà di Dio". Le ho poi riferito che Comunione e Liberazione, la Lega Nord, i milanesi e Berlusconi si comportano e la pensano come lei. Si è dimostrata contenta che il Nord e il Sud finalmente si sono uniti e che dopo l’Italia abbiamo fatto anche gli italiani.Viva l’Italia e la sovranità popolare!

Matteo C.

Se non è vera, è ben raccontata. E se la vicenda è vera, signor Matteo C., mi pare che l’apologo familiar-nazionale che ci costruisce su, mostri e dimostri, prima di ogni altra cosa, a che punto siamo arrivati nel vivere e nel "catalogare" i temi caldi dell’Italia attuale. Non ne sono affatto felice (e come me, credo, tanti). Io so, da altre cose che mi ha scritto, che lei è un insegnante motivato e appassionato, una di quelle persone che si usa definire "belle". Proprio per questo mi permetto di mettere da parte la polemica geopolitica e intraecclesiale che lei sviluppa (con eccessi che non riesco proprio a condividere). E le parlo innanzi tutto da figlio, quale non smetterò mai di essere. Chiedendole sin d’ora scusa se le parrò franco sino alla ruvidezza. Qualunque cosa pensi e dica una madre – arrivo a dire soprattutto se dovesse essere, o suonare, sgradevole e sbagliato –, un figlio non la mette alla berlina, non ci giochicchia e non la usa per regolare i propri conti "politici". Ci pensi.E poi: attento ai luoghi comuni, caro amico, alle generalizzazioni ingiuste, all’ansia di gridare che il mondo (ovvero i dirimpettai che eleggiamo ad avversari) fa tutto schifo. Dobbiamo davvero ritrovare il senso del limite e della proporzione, unire una sacrosanta capacità di indignazione alla carità umana e alla serenità di giudizio. Pubblico questa sua lettera – senza citare, per motivi intuibili, la località da cui proviene – perché spero che aiuti tutti noi a riflettere. Oltre le euforie polemiche tanto di moda. E a partire, magari, dal quarto comandamento: onora il padre e la madre.
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