mercoledì 21 maggio 2025
Se è vero che il 7 ottobre 2023 è stato, in una notte, il ritorno del Male, dello stesso Male assoluto dei pogrom e dei lager, occorre però chiedersi se 50mila morti non sono abbastanza
Bambini che cercano un po' di cibo a Gaza

Bambini che cercano un po' di cibo a Gaza - ANSA

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Nella folla che disperatamente tende pentole, ciotole, tolle vuote verso una cucina mobile le facce sono stravolte da quell’istinto di sopravvivenza che ciecamente porta a scavalcarsi e a ricacciare indietro i più deboli, davanti allo spettro della fame. Ognuno di quegli uomini e donne ha a casa figli, vecchi, bambini che aspettano. E se ci pensi provi anche più pena: per quell’umanità calpestata, per chi attende una ciotola. Per i feriti e i mutilati, per le decine di migliaia di morti a Gaza, in due anni e mezzo.
E ogni giorno nuovi morti, settanta una notte, cento un’altra. C’è la guerra anche in Ucraina, certo, e in tante dimenticate parti del mondo. Ma Gaza fa quasi più male, in quelle immagini di un popolo annichilito, perché a fare la guerra è Israele, è un governo democraticamente eletto in un Paese dove tutti hanno, vicina o lontana, una storia di persecuzione. E se è vero che il 7 ottobre 2023 è stato, in una notte, il ritorno del Male, dello stesso Male assoluto dei pogrom e dei lager, occorre però chiedersi se 50mila morti non sono abbastanza, in risposta a quella notte; o se ciò che si sta consumando nella Striscia è l’annullamento, oltre che di un nemico come lo stesso Netanyahu dichiara, di un intero popolo. E sì, in Israele le proteste non mancano, e stremate ormai le voci dei parenti degli ostaggi, e il leader dell’opposizione Yair Golan denuncia: «Diventeremo uno Stato-paria come lo fu il Sudafrica dell’Apartheid se non torneremo a comportarci come un Paese sano di mente». Ma questa opposizione sembra impotente, e ministri di estrema destra affiancano il premier e lo sostengono.

Alla Knesset, Netanyahu ha detto che consente a un passaggio minimo di aiuti solo per mantenere i rapporti con i grandi finanziatori stranieri: che faticano a difendere le ragioni di Israele, davanti alle immagini da Gaza. Così 100 Tir di aiuti hanno varcato il confine, ma ne occorrerebbero, secondo le Nazioni Unite, 500 al giorno. Le vite di migliaia di bambini sono appese a questi aiuti, dopo che già ventimila coetanei sono morti sotto le bombe. Ventimila: figli di padri di Hamas, oppure semplicemente palestinesi, di uno, tre, sei anni, o neonati. Non è che leggendo queste cifre cerchiamo di scivolare via, di non comprendere? O forse è proprio quella cifra così assurdamente alta, che non ci fa vedere come ciascuno di quei figli fosse esattamente uguale ai nostri?
Innocenti caduti in una rappresaglia per altri innocenti massacrati in una notte, il 7 ottobre. Rappresaglia che poi non si è arrestata, che sembra inarrestabile: che sembra desiderio di cancellare un popolo.

Ora l’Occidente sembra alzare la testa. Una dichiarazione congiunta tra Francia, Gran Bretagna e Canada afferma: «Non staremo a guardare», e ventila il blocco degli accordi di cooperazione, e il riconoscimento di uno Stato palestinese. «Non staremo a guardare», meglio che niente. Tuttavia quel tempo al futuro sa un po’ di annuncio, di cauto avvertimento per l’avvenire: mentre la tragedia di Gaza è drammaticamente adesso, ora. Riuscissero, le voci dall’Italia e dall’ Europa, a fare almeno passare ogni giorno le centinaia di Tir carichi di viveri fermi alla frontiera. Ora: la fame a Gaza non può aspettare. Oppure avrà ragione il deputato Zvi Sukkot, che in una trasmissione televisiva israeliana ha detto: «La scorsa notte sono stati uccisi 100 palestinesi, tutti si sono abituati al fatto che 100 palestinesi possono essere uccisi in 24 ore, e non importa a nessuno». Ma non lo diceva per suscitare indignazione. Sukkot è un rappresentante della estrema destra, e parlava della guerra a Gaza a livello di rappresentazione mediatica internazionale. «100 morti a notte, e non importa a nessuno». Parole feroci. Non può essere vero. Eppure, la strage continua. E proprio non comprendi come quel popolo che nell’adolescenza hai imparato a rispettare e ad amare, reduce com’era da uno sterminio pianificato, da un Male che credevi finito per sempre, possa oggi lasciare che il suo esercito incalzi, insieme al nemico Hamas, donne e bambini stremati dalle bombe, dalla morte e dalla fame.

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