«Obbedire e servire sono le facce di una stessa medaglia». Possibile, per amore
venerdì 16 luglio 2021

Gentile direttore,
gli italiani sono stati lodati per aver ubbidito in modo diligente alle disposizioni sanitarie sulla pandemia. Siamo sicuri che sia andata così? Alla maggioranza delle persone non va giù che il concetto di autodeterminazione sia stracciato da un giuridicismo estremo. Secondo molti, le restrizioni governative hanno violato persino la libertà costituzionale di riunirsi in un luogo di culto. Non è un caso, che servire (da servus, schiavo) significa essere soggetto interamente alla volontà altrui. Invece l’ubbidienza ha relazione con l’udire (ob audere). Letteralmente significa ascoltare chi sta dinanzi. Il problema è che durante la pandemia si è parlato troppo sui social e a sproposito. «È tutta una questione di etica [...] una cosa è l’ubbidienza, altra cosa è la responsabilità. La prima è giuridica, la seconda è etica» (Gustavo Zagrebelsky). A ciascuno il suo, al governo di emanare leggi giuste e al popolo di promuovere e applicare l’etica delle responsabilità. Per i cristiani le responsabilità vanno assunte in base a quanto disse Gesù: «Nessuno può essere schiavo di due padroni» (Matteo 6,24; cfr. Luca 16,13). Ciò crea incompatibilità per il cristiano fra il servizio di Dio e ogni comportamento ambiguo. Servire significa ubbidire: per i cittadini vuol dire ubbidienza alle autorità, per i credenti ubbidire a Dio e servirlo. In fondo, ubbidienza e servizio non sono altro che le facce della stessa medaglia.

Giuseppe Di Biasi

L’obbedienza non è sempre una virtù, ma il servizio fraterno sì. Se poi – come lei giustamente scrive, gentile signor De Biasi – obbedienza e servizio a Dio e agli altri si dimostrano facce di una stessa medaglia, ecco che tutto si compone in armonia. E la responsabilità diventa non una maniera per star tranquilli, ma uno dei modi (e dei nomi) dell’amore. Questo tempo ' malato', così duro eppure solidale, dovrebbe avercelo insegnato ancor meglio.

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