Norme contro l'omotransfobia senza discriminare nessuno
venerdì 7 maggio 2021

Caro direttore,
'Avvenire' ha dato voce, con onestà intellettuale, a tante posizioni diverse in merito al cosiddetto ddl Zan, mi permetto di scriverle in riferimento al disegno di legge che abbiamo presentato insieme alla collega Ronzulli (Forza Italia) e ai colleghi Salvini (Lega) e Quagliariello (Cambiamo). Ognuno di noi rappresenta se stesso nel proprio ruolo di senatore, però nello stesso tempo rappresentiamo diverse voci in quell’Area del centro-destra che oggi è parte integrante della maggioranza. Sono tra quanti ritengono che di una legge anti-omotransfobia non ci sarebbe bisogno, perché il No alla violenza, previsto da Costituzione e Codice, è già fermo e determinato, chiunque sia a farne le spese.

La violenza di per sé non si giustifica mai e non a caso la norma penale prevede una condanna, che diventa più pesante se la violenza è perpetrata per motivi futili. Abbiamo anche la Legge Reale-Mancino che è inequivocabile nella sua condanna. Ma tutto ciò non è sembrato sufficiente a tutelare i diritti di persone appartenenti alla comunità lgbtq+, e che sono sostenuti anche da ampia parte della pubblica opinione. La proposta Zan non si limita, però, a dire No alla violenza; nella sua formulazione lascia zone di ombra inammissibili in una norma penale. Il pensare diverso e l’esprimersi quindi diversamente rispetto a definizioni contenute in quell’articolato potrebbe apparire come istigatrice e discriminatoria e quindi esporre all’accusa di omotransfobia. Per questo il testo Zan è stato finora quanto di più divisivo si potesse immaginare, anche all’interno di ogni partito e movimento. A tal punto da indurre molti di noi a chiedersi quale urgenza ci fosse mai nell’affrontare una normativa che sembra incrinare la coesione di una maggioranza già molto variegata.

Ma fatti e polemiche in occasione del Concerto del Primo Maggio, con le note conseguenze sui social media, sulla Rai e sull’annosa questione della 'censura'; i toni violenti e aggressivi nei confronti di chi ha posizioni diverse da quelle previste dal ddl Zan, con un rovesciamento del paradigma della violenza, ci hanno obbligato a rivedere le posizioni e a presentare un nostro testo sul tema della violenza: 'Disposizioni in materia di circostanze aggravanti nei casi di violenza commessa in ragione dell’origine etnica, credo religioso, nazionalità, sesso, orientamento sessuale, età e disabilità della persona offesa'. L’obiettivo è mettere a fuoco la violenza e riequilibrare il rapporto tra attenuanti e aggravanti, in modo da garantire sempre le vittime e scoraggiare azioni in tal senso, con efficace azione di prevenzione.

Non c’era bisogno, ripeto, ma – personalmente ricordando quanto dice il n. 73 dell’Evangelium vitae «un parlamentare potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una (... ) legge e a diminuirne gli effetti negativi...» – abbiamo deciso di mostrare una collaborazione a tutela di chi si sente vittima di una violenza che in nessun modo può essere tollerata. Senza che questo diventi però discriminante verso chi ha idee e posizioni diverse su tematiche tanto sensibili come quelle cui il testo Zan si riferisce pur senza avere alcun riscontro sul piano scientifico e ponendo sullo stesso piano soggettività e oggettività: sentirsi in un certo modo e essere in un altro. La soluzione coglie il senso della richiesta di fondo nell’attuale dibattito: nessuna violenza sia mai consentita per nessun motivo; il rispetto per la dignità personale di ognuno è già contenuto nell’articolo 3 della Costituzione. Speriamo che questo serva a trovare un nuovo modo per confrontarsi e discutere, in Parlamento e nella società.

Senatrice dell’Udc



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