venerdì 6 dicembre 2013
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Quale che sia il giudizio sulla deci­sione della Consulta sulla legge e­lettorale, giudizio che sarà comunque possibile in forma compiuta solo dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza, è evidente che, con un cambio repentino di paradigma, la Corte costitu­zionale ha ritenuto di aprire una crepa nel sistema istituzionale, imponendo al Parlamento di riempirla in tempi rapidi.
Questa, qualsiasi cosa se ne pensi, è la si­tuazione e a essa bisogna dare risposte, possibilmente non minimalistiche. Un sistema elettorale deve promuovere la governabilità nell’ambito di un rispetto dei princìpi di rappresentatività. Il mec­canismo attuale, nella concreta configu­razione dei rapporti di forza, non garan­tiva né l’una cosa né l’altra. Ma neppure una legge che si limiti ad applicare pe­dissequamente le indicazioni della Con­sulta (quando saranno note), cioè che condizioni l’ottenimento del premio di maggioranza a un quorum minimo o lo abolisca lasciando solo il modesto effet­to maggioritario delle soglie di sbarra­mento, e che introduca una preferenza, non garantirebbe affatto la governabilità e quindi una qualche forma di stabilità politica.
Resta, inoltre, in primo piano il proble­ma della perfetta duplicità di Camere con il diritto di dare e togliere la fiducia all’e­secutivo: problema antico la cui soluzio­ne, che pare vada nel senso di un Senato delle autonomie, richiede una riforma co­stituzionale, con i suoi tempi e le sue pro­cedure e anche la scelta tra ipotesi che possono oscillare tra il Senato americano e il Bundesrat tedesco, nella consapevo­lezza che anche questo organismo deve esprimere, in forma federale, la rappre­sentanza e la responsabilità nazionale. In sostanza, quel che si richiede è una co­struzione nuova ma solida, non una leg­ge elettorale e basta, non una manuten­zione approssimativa delle crepe dell’e­dificio istituzionale. Chi pensa che que­sta attesa sia eccessiva ascolti la gente che ancora crede nella buona politica. E dia le risposte.
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