giovedì 13 dicembre 2012
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​Caro direttore,
torno su un fatto di cronaca che non reclama più le aperture dei giornali. Ho letto e riletto la reazione dell’Associazione nazionale magistrati in difesa del giudice che ha fermato gli impianti dell’Ilva, e mi continuano a "cascare le braccia". In questi anni dove è stata la magistratura di Taranto? Dove erano gli amministratori regionali e locali, i politici, gli ambientalisti? L’Ilva non era invisibile, mi pare. Ciò che colpisce amaramente è il fatto che adesso, sconsideratamente e senza un po’ di buon senso, si pretenderebbe di cambiare di colpo le cose invece di imporre tempi realistici per la bonifica, salvaguardando il lavoro di migliaia di persone. Forse queste stesse persone, operai e impiegati, per qualcuno dovrebbero "togliersi dai piedi" ed evitare di mangiare, pretendere di mantenere una famiglia, vivere una vita normale. Val la pena di ricordare che l’Ilva è nata come azienda di Stato ed è stata venduta ai privati nelle condizione in cui è rimasta, senza che nulla a suo tempo fosse imposto. Quello che succederà prossimamente temo che sarà la vendita a gruppi stranieri (cinesi o, forse, indiani, che non mi pare operino al massimo della sicurezza ambientale…) ben felici di poter arrivare alla "eliminazione" di un concorrente. Si veda cosa è successo a Terni, dove – a suo tempo – preparai la mia tesi di laurea. È avvilente constatare a quali categorie di gestori dei vari poteri siamo in mano. Ma non perdiamo la speranza. In passato abbiamo visto grandi politici che hanno saputo ricostruire l’Italia. Oggi abbiamo bisogno di persone della stessa caratura. Gli attuali auto-referenzianti politici e governanti ne sono ben lontani, purtroppo, nonostante tutte le chiacchiere e la propaganda fatta allo scopo di tener buona la gente. Speriamo in un prossimo cambiamento radicale della classe politica e manageriale, visto che le elezioni si avvicinano. La speranza è l’ultima a morire! Cordiali saluti. Il solito nonno.
Carlo Maria Pagliari
Qualcuno la definirebbe un "nonno rottamatore", caro signor Pagliari. E, coi tempi che corrono, una persona ricca di esperienza, di saggezza e di sacrosante attese come lei rischia di passare sul serio per tale. Ma penso anche che, di questo passo, anche lei – come tantissimi altri – sarà indotto a "rottamare" effettivamente, per quanto potrà, un bel pezzo di quella classe dirigente (politica, ma non solo politica) che vorrebbe restare inchiodata a soliti schemi e vecchie leadership, nonostante sia ormai inchiodata alle proprie responsabilità e ci abbia inchiodati tutti sull’«ultima spiaggia» del quasi-fallimento dalla quale, con qualche errore e modi anche ruvidi, ci ha tratti fuori la faticosa e provvidenziale azione d’emergenza del governo tecnico guidato da Mario Monti. L’aria di manovre e ammiccamenti corporativi pre-elettorali che si è respirata per settimane in Parlamento già induceva a tristi considerazioni. E le miopie e presunzioni che hanno continuato a segnare il percorso della necessaria riforma elettorale facevano temere esiti deludenti e mediocri, offensivi per un’opinione pubblica mai come oggi così tanto maldisposta verso il mondo della politica. Ma ora siamo addirittura al tentativo di riportare le lancette dell’orologio del Paese a un anno fa… Per rinverdire i rissosi e insopportabili fasti del brutto bipolarismo che c’eravamo lasciati alle spalle invece che gettare le basi di uno nuovo. Per di più non ci sarà neanche una legge elettorale limpida e decente che restituisca a noi cittadini il potere di scegliere le persone che ci rappresenteranno in Parlamento... Il Pd "tamponerà" con le primarie, vedremo se gli altri s’inventeranno qualcosa. Ma la sostanza non cambia: si voterà ancora con il cosiddetto "Porcellum". Speriamo almeno che le proposte in campo siano chiare e soprattutto adeguate. Perché la chiarezza è elemento necessario ma non sufficiente per convincere elettori come lei e come me. Scelte assolutamente trasparenti possono essere, infatti, assolutamente sbagliate e invotabili. Ad esempio, e non lo ricordo per caso, in tema di politica industriale e del lavoro e di politiche familiari o fiscali o scolastiche si possono proporre derive o delineare inerzie negative e addirittura devastanti. Chi si affaccia sulla scena nel nome del nuovo (o sulla scena c’era già e ora ambisce nuovo vorrebbe sembrare) lo tenga a mente: questo è un tempo che impone di darsi visioni e priorità davvero sensate e utili alla vita comunitaria del nostro Paese, non di sbandierare propositi-slogan, improbabilmente rivoluzionari e avventuristici
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