Non si lasci la camorra fare a pezzi la Repubblica e la vita dei cittadini
martedì 13 luglio 2021

Caro direttore, gli italiani, domenica sera, mettendo da parte vecchi problemi e antiche e sciocche rivalità, hanno sofferto e gioito all’unisono per la vittoria europea della nostra Nazionale di calcio. Le urla di gioia, i fuochi d’artificio, gli abbracci, i cortei spontaneamente formatisi in ogni parte del Paese non potevano non commuovere anche i cuori più induriti. È stato un momento davvero bello. Ci siamo sentiti fratelli. La gioia non può essere nascosta, ha bisogno di esplodere, straripare, contagiare. Grazie, dunque, ai nostri valenti calciatori. Tra coloro che, a Caivano, sono scesi in piazza per festeggiare, sono più che certo che c’erano i responsabili dell’ultima 'stesa', avvenuta, come ben sai, giovedì sera nel mio quartiere: il Parco Verde di Caivano, nel Napoletano. Una cosa orribile. A bordo di una dozzina di moto di grossa cilindrata che sfrecciavano per i nostri viali, una ventina di persone armate di tutto punto hanno sparato all’impazzata seminando terrore tra la gente. Eravamo in chiesa per la catechesi degli adulti, abbiamo sentito gli spari, abbiamo capito, per quanto possibile, ci siamo tutelati. Sono quelli attimi interminabili di angoscia in cui non sai decidere che cosa sia meglio fare. Ho saputo poi da chi ha avuto la sfortuna di incrociarli o era affacciato al balcone, che erano tutti giovanissimi. Qualcuno addirittura, a torso nudo, impugnava un kalashnikov che sputava fuoco verso l’alto. Mi sono sempre rifiutato di vedere le serie tv ispirate al libro di Roberto Saviano 'Gomorra', ben sapendo l’influenza malefica che avrebbero esercitate sugli adolescenti, ma la scena di giovedì sera sembrava proprio tratta da quello sceneggiato. I 'terroristi' non erano del 'Parco Verde' ma venivano da fuori per prendere il controllo delle piazze di spaccio del quartiere, approfittando del fatto che la maggior parte dei boss locali è finita in galera. Ovviamente questo imperdonabile affronto deve essere punito nel più severo dei modi, per spegnere i bollori dei nuovi pretendenti e rimettere le carte a posto. In poche parole, direttore, ci aspettiamo, da un giorno all’altro, la vendetta degli 'offesi'. Dove e quando avverrà, non saprei dirlo. So solo che, intanto, viviamo nel terrore. Direttore caro, domenica sera, eravamo tutti italiani: stessi sentimenti, stessa ansia, stessa gioia nel cuore. Possiamo continuare a esserlo anche oggi? Domenica scorsa eravamo tutti uniti per sconfiggere la rivale squadra inglese. Possiamo unirci anche oggi per sconfiggere quel potentissimo nemico degli italiani, in particolar modo dei bambini, che va sotto il nome di camorra? Posso, direttore, abusare della tua pazienza e della tua carità per chiederti di fare arrivare alla ministra Luciana Lamorgese e al nostro caro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, questo ennesimo appello? In questi giorni, la speranza non è mai venuta meno, ma, ti assicuro, che è sempre più faticoso tenerla in vita e contagiare i piccoli. Termino, rinnovando il mio appello e il mio augurio. Le lotte di liberazione e le rispettive vittorie hanno sempre portato nel cuore dei combattenti tanta gioia e soddisfazione. Uniamoci, allora, ancora una volta, nel nobilissimo sforzo di liberare questa parte d’Italia e d’Europa dalle grinfie di chi vuole continuare a strozzarla e mortificarla. Grazie, direttore.

padre Maurizio Patriciello


Caro don Maurizio, caro padre e amico, questo che – a nome di tanti e attraverso me e 'Avvenire' – rivolgi in modo tanto accorato quanto pieno di dignità al presidente Mattarella e alla ministra Lamorgese è un vero e proprio appello alla Repubblica democratica. Che è la nostra 'casa comune' di italiani. E che deve essere e restare «una e indivisibile». Una e invisibile in ogni parte del Paese, nella forma e nella sostanza, cioè nella concreta esperienza della gente. Una e indivisibile anche e soprattutto di fronte alle pretese dello strapotere malavitoso, che vorrebbe fare a pezzi e dominare la vita delle persone e delle comunità. Anch’io so, proprio come te, caro don Maurizio, che le Forze dell’ordine ci sono e che le autorità di pubblica sicurezza hanno piena consapevolezza della portata della sfida, e della profondità della ferita, che le guerre di cosca portano alla convivenza civile. Anch’io so, proprio come te, che la magistratura non sta con le mani in mano. Ma capisco, come te, la fatica di vivere, di sperare e di resistere quando alla velocità della camorra (o di altre mafie) nella 'presa' arrogante sui territori corrisponde la lentezza della risposta dello Stato. Certo, i tutori della legge hanno responsabilità che i malviventi deliberatamente ignorano. E hanno bisogno di poter contare sul sostegno convinto dei concittadini. Ma non può esserci dubbio, caro don Maurizio, sul fatto che l’argine alle ostentazioni e alle violenze vada rafforzato e alzato, per ridare serenità a comunità come quella del Parco Verde di Caivano, e per rinsaldare il patto di fiducia tra gente e istituzioni. Sono contento che 'Avvenire' possa contribuire a consegnare il tuo e vostro appello al presidente Mattarella e alla ministra dell’Interno. Avete scelto bene, e potete star sicuri che è in ottime mani.

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