Noi «prosumer» antiinflazione
giovedì 2 giugno 2022

I dati sull'inflazione continuano a preoccupare. Siamo arrivati al 6,9% come tasso annualizzato, un livello che non raggiungevamo dal 1986. Ciò che va subito chiarito è che alla radice del problema c’è la guerra e i costi di gas e petrolio schizzati verso l’alto già in anticipazione del conflitto. Non c’è dubbio su questo, sebbene un piccolo contributo venga anche dai colli di bottiglia dell’offerta creati dalla pandemia. E che quasi tutto il problema dipenda dai combustibili e dalla guerra lo vediamo quando depuriamo l’andamento dei prezzi dal costo dell’energia e osserviamo come questa, la cosiddetta inflazione core , sia al 2,4%, ovvero poco sopra il livello obiettivo considerato ottimale dalla Banca Centrale Europea.

Il governatore della Banca d’Italia martedì ha ammonito che è importante evitare una spirale prezzi-salari perché se nella nuova contrattazione i salari negoziati considereranno permanente e incorporeranno interamente quest’aumento dei prezzi, per le aziende l’aumento di costi dell’energia si cumulerà con l’aumento del costo del lavoro avviando in una spirale verso l’alto ulteriori aumenti dei prezzi, finendo per penalizzare gli stessi lavoratori. Come si fa allora a difendere i cittadini e soprattutto i ceti più deboli dall’erosione del potere d’acquisto che rischia di precipitare i più fragili in condizioni di povertà? L’utilizzo di bonus è una via necessaria, ma costosa.

In momenti come questo, invece, è nostro dovere esplorare vie nuove per la soluzione del problema. Tre di queste sono state già ampiamente discusse su queste colonne ma vale la pena ribadire le loro implicazioni sul fenomeno dell’inflazione. Primo, se oggi una quota molto maggiore di imprenditori avesse avuto la lungimiranza di diventare negli scorsi anni autonomo nella produzione di energia da fonti rinnovabili, le aziende avrebbero costi di produzione più bassi che non si rifletterebbero sui prezzi.

Tutto questo si collega e si deve collegare anche a una riforma dei meccanismi di pricing dell’energia che non possono essere legati al prezzo marginale dell’ultima unità comprata, sistema conveniente quando i prezzi calano ma molto meno quando i prezzi crescono.

Spingere oggi sull’autoproduzione (come chiedono associazioni datoriali come la Cna) incentivandola anche con un credito d’imposta è la cosa migliore per favorire questo cambiamento strutturale che riduce l’impatto inflattivo dell’aumento dei prezzi delle fonti fossili. La stessa cosa possono fare cittadini o gruppi di cittadini passando all’autoconsumo individuale o collettivo (condominiale o attraverso comunità energetiche) di energia.

Alla Settimana Sociale dei cattolici italiani di Taranto la scelta di fondo per le comunità energetiche è stata lanciata con forza, ma c’è bisogno che il Governo vari rapidamente i decreti attuativi per dare slancio al percorso. Secondo, esistono nuove frontiere nella produzione dei prodotti alimentari dove i consumatori creano (come nel caso di ' C’est qui le patron' in Francia e della 'Marca del Consumatore' in Italia) alleanze con i produttori per costruire prodotti con prezzi bloccati o la cui dinamica verso l’alto è concordata tra domanda e offerta ripartendo gli oneri dell’aggiustamento ed evitando dinamiche speculative.

Più in generale questo accade anche quando, nella forma cooperativa della grande distribuzione, le aziende agiscono non solo per massimizzare i profitti ma avendo come obiettivo pure il benessere dei consumatori. Terzo, come già spiegato su queste pagine, si pone alla Banca Centrale Europea la questione di conciliare efficacia della gestione del debito pubblico e inflazione.

Non fosse altro perché le politiche di acquisto da parte della Bce dei titoli di stato immettono sul mercato moneta ad alto potenziale che può alimentare dinamiche inflattive. L’ipotesi prefigurata da chi scrive queste note assieme a Guido Cozzi è quella di accompagnare la nascita dell’euro digitale con una regola diversa di riserva al 100% che ne limita la capacità di tensioni inflattive, regola che potrebbe addirittura rilanciare e non necessariamente ridurre la portata degli interventi della Bce nella gestione del debito. La proposta è stata recentemente evidenziata sul principale giornale finanziario indiano, in un Paese dove il problema di conciliare politica di gestione del debito e dinamiche inflattive alimentate anche dalla debolezza del cambio è ancora maggiore. Esistono insomma strade nuove per difendersi dall’ennesima tempesta che dovremmo esplorare e mettere in campo.

Se la terza via implica una riforma nell’azione 'dall’alto' delle banche centrali, le prime due richiamano la nostra responsabilità di azione 'dal basso' e hanno un comune denominatore. Se la tempesta arriva dal lato dell’offerta sotto forma di aumenti dei prezzi che rendono più poveri redditi e stipendi, la risposta dei cittadini può essere, almeno in parte, quella di superare il rigido steccato che separa la domanda dall’offerta diventando prosumer (produttori e consumatori contemporaneamente) sul mercato dei beni alimentari e dell’energia, due delle voci principali nel bilancio familiare. Se le tragedie insegnano e gli ostacoli ci spingono a trovare nuove soluzioni, anche questa volta forse la prova che stiamo vivendo si accompagna a un’occasione per un nuovo passo in avanti di cittadinanza attiva e democrazia economica.

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