Niente campagne ideologiche contro il virus serve unità
sabato 31 ottobre 2020

Caro direttore,
mettere al primo posto la salvaguardia e la cura delle persone più fragili. Un principio che dovrebbe valere sempre, ma che la seconda ondata di Covid–19 rende più urgente e importante. Per questo oggi va valorizzato e non demonizzato il lavoro fondamentale che svolgono le Residenze sanitarie assistenziali (Rsa), che in Italia si prendono cura di oltre 250mila anziani, malati cronici e disabili. Si tratta di pazienti che non potrebbero ricevere cure specialistiche di livello adeguato tra le mura domestiche e che senza le strutture socio sanitarie finirebbero parcheggiate in una corsia d’ospedale.

È un mondo nel quale la sanità cattolica è storicamente presente e in molti casi all’avanguardia, un settore privato che svolge un servizio pubblico e che nel periodo dell’emergenza pandemica, pur nella tragedia di tante vite perdute, ha sostanzialmente retto. Eppure stiamo assistendo sui media a una demolizione sistematica delle Rsa e c’è chi addirittura le paragona ai manicomi, che furono chiusi con la legge Basaglia. Un errore che oltre a danneggiare centinaia di migliaia di persone fragili è un’offesa verso il lavoro e il sacrificio di tanti medici, infermieri, operatori sanitari, ausiliari che in questi mesi stanno dimostrando una professionalità e una dedizione senza pari verso i loro pazienti. Molti di loro appartengono al mondo della cooperazione e questo è un fatto che deve renderci orgogliosi.

«Le buone Rsa esistono e sono un bene da tutelare», ha scritto il professor Marco Trabucchi proprio sulle pagine di “Avvenire” e aggiungerei che le Rsa buone rappresentano la larghissima maggioranza e alcuni casi di disonestà, incompetenza o superficialità non possono mettere in dubbio un settore così importante per il Ssn, che può essere migliorato con tante nuove soluzioni, ma senza smantellare in modo indiscriminato l’esistente. Per esempio, la decisione delle Rsa e delle case di riposo per anziani di chiudere alle visite esterne, per proteggere i propri pazienti dal Covid, spesso anticipando le direttive che arrivavano da Regioni e Governo, è stata accompagnata dalle accuse, piovute da più parti, di voler segregare i pazienti, di negare loro affetti e diritti fondamentali, di provocare sofferenze psicologiche terribili. Per noi cooperatori che lavoriamo nel settore socio– sanitario sospendere le visite dei parenti o le uscite all’esterno è stata una decisione molto sofferta, perché per primi crediamo in un’assistenza e cura che mette sempre al centro la persona e il suo mondo di relazioni.

Le nostre Rsa, così come le case di riposo, sono strutture aperte al territorio, dove gli ospiti, insieme agli operatori, escono per una gita, per andare a teatro o a una mostra. Oggi non è possibile farlo, ma questo non vuol dire far ammalare di solitudine i pazienti. Anzi, gli operatori, proprio perché sanno quanto è importante mantenere vivo il contatto con i familiari e gli amici mettono ancora più impegno e creatività in questa fase della pandemia. Inoltre, all’interno delle strutture, continuano tante attività che danno benessere e voglia di vivere al paziente, il quale deve sentirsi protetto e mai solo.

Nella prima fase della pandemia non è stato compreso subito che le Rsa e le case di riposo erano in prima linea nella lotta al Covid, proprio per la tipologia di pazienti che hanno in cura, tanto che, le Regioni iniziarono (e purtroppo non hanno ancora smesso) a reclutare personale sanitario per gli ospedali, sguarnendole. Il medico, l’infermiere, l’oss, e tutti gli operatori che assistono un anziano in queste strutture o a domicilio, svolgono un compito delicato quanto quello del personale che lavora in un reparto di terapia intensiva in ospedale. Spero che quanto accaduto nei primi mesi del 2020 sia servito a comprenderlo e che in questa fase delicata gli operatori di queste realtà non vengano lasciati di nuovo soli a reggere l’impatto della pandemia.

Per questo è necessario unire le migliori energie del Paese per dialogare concretamente e senza pregiudizi demagogici su come migliorare il nostro welfare: dobbiamo accelerare sull’Assistenza domiciliare integrata, perché siamo il Paese con più anziani in Europa e dobbiamo diventare al più presto il primo Paese per assistenza domiciliare. Sono auspicabili maggiori controlli sulla qualità delle Rsa e delle case di riposo, ma ancora più importante è lavorare per equiparare i vari sistemi regionali, puntando sull’accreditamento dei servizi. Il vero nemico di tutti è il virus e questo è il tempo di collaborare uniti perché, come ci insegna papa Francesco, «dalla pandemia ci si salva solo insieme».

Fondatore della cooperativa Auxilium e vicepresidente di Agci

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