martedì 12 aprile 2016
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Gentile direttore,
nel gioco delle coincidenze della vita le distanze chilometriche hanno il valore del lancio dei dadi. In sole tre generazioni io, nato e cresciuto a Verona, mi ritrovo con radici da Torino a Palermo e in questi 1.590 km di strada la mia vita avrebbe potuto vivere innumerevoli fatalità solo spostando di qualche grado questa distanza. Avrei vissuto il franchismo in Spagna fino al 1975, magari a Barcellona a soli 1.123 km di strada da Verona o a Valenza distante 1.465 km, meno della distanza natale dei miei nonni. Avrei visto la guerra a Sarajevo tra il 1992 e il 1995. Chissà tra quale etnia visto che dista da Verona solo 881 km. Era il 1999 e se il fato, o chi per esso, mi avesse parcheggiato a soli 990 km di strada da Verona, potevo trovarmi a Belgrado sotto i bombardamenti Nato. Nel 1989, a soli 1.112 km da Verona avrei potuto partecipare alla dimostrazione di Timisoara preludio della caduta di Nicolae Ceausescu. Ma sempre nello stesso anno potevo trovarmi a Berlino est e spingere il muro fino a farlo cadere visto che dista solo 1.019 km da Verona. Di certo il 7 agosto 1991 mi sarei trovato sulla nave Vlora in fuga dall’Albania per Bari visto che Tirana dista appena 1.115 km da Verona. Per un pelo, a soli 1.551 km di auto da Verona, il 14 agosto 1980 poteva la sorte pormi come uno scioperante dei cantieri navali Lenin di Danzica con Solidarnosc. Avrei potuto vivere a soli otto anni la primavera di Praga se solo fossi nato nell’allora Cecoslovacchia ad appena 813 km di asfalto da Verona oppure, il 13 novembre 2015 avrei potuto essere al “Bataclan” a non più di 1.000 km da Verona.
Ma Dio poteva scegliere Tunisi per me e nel dicembre 2010 sarei stato nella folla della primavera araba a soli 962 km di distanza in linea d’aria. Lui avrebbe potuto “spostarmi”, senza neanche percorrere la strada, anche a Homs, in Siria, a 2.500 km...
Quanto poco basta, in fondo, per trovarsi dalla parte dei migranti, tra i profughi, tra gli sfollati, tra i dimenticati da Dio e dall’uomo; una manciata di km, un lancio di dadi.
Maurizio Grotta - Verona
Non credo al potere dei dadi e neanche al fato, gentile signor Maurizio. Credo nella Provvidenza e nella libertà dell’uomo e della donna di corrisponderla con responsabilità e passione, costruendo una storia buona e giusta per se stessi e per ogni altro. Ma mi piace il gioco di immaginazione e d’immedesimazione con profughi e migranti che ha fatto e di cui mi ha messo a parte già da alcuni giorni e che io, sinora, non mi ero invece risolto a mettere in pagina. Lo faccio ora, mentre al Brennero un’altra barriera, l’ennesimo muro, comincia davvero a crescere sulle già abbattute frontiere tra gli Stati d’Europa che s’erano stretti in un patto di cittadinanza destinato a dare utile unità, e non più solo di mercato, ai popoli raccolti nella Ue. Basta davvero poco a ritrovarsi dalla parte sbagliata del muro. Anche perché nessuna barriera ha il verso giusto, e certo non i muri che si stanno alzando ora. È il mondo che è chiuso fuori o è l’Ungheria che si è chiusa dentro? E l’Austria? Sta solo predisponendo lo sbarramento della sua porta principale verso sud, verso l’Italia e il Mediterraneo, o sta idealmente ed emblematicamente scalpellando via anche l’ultima vestigia della patria multietnica, e di grande e condivisa cultura, che era stata sino a poco meno di un secolo fa? C’è un «impero dei muri» che sta sorgendo da anni dentro le nostre città e ora, apertamente, sui vecchi e ritrovati confini che fanno a pezzi l’idea di un’Europa dei popoli unita, sicura e accogliente. Sono muri costruiti col filo spinato del sospetto e dell’astio verso coloro che fuggono da guerre e persecuzioni o che migrano per scampare a fame e ingiustizia. In Italia, c’è però chi continua ad applaudire a ogni nuovo muro montato o anche solo annunciato, e non si rende conto che tradiscono e umiliano i poveri (che spesso, come lei scrive, sono tali per il semplice fatto di essere nati appena un po’ più in là), ma non fermano i veri nemici della pace, i seminatori del terrore. Che hanno nei signori del filo spinato alleati preziosi, ottimi ed entusiasti compagni di affari e di guerra. Le cronache che dobbiamo scrivere lo testimoniano. Quelle che si annunciano, lo minacciano. E il suo serio gioco, gentile amico, può aiutarci, in fondo a questa settimana, ad essere idealmente in tanti accanto a papa Francesco e al patriarca Bartolomeo tra i profughi “inchiodati” sul confine di mare di Lesbo. L’«impero dei muri» non è la nostra patria e non sarà la nostra rassegnazione.
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