sabato 17 dicembre 2011
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Un anno così Napoli non lo aveva, forse, mai vissuto. La Chiesa per le strade, una volta in un quartiere, l’altra in un ospedale, o in un istituto di assistenza. E poi il carcere, il porto, i capannoni di un ipermercato, i luoghi della cultura, teatri, librerie, e le sedi delle istituzioni. Un cammino nella forma antica – e solenne quanto si può, tra strade che scoppiano di traffico – del pellegrinaggio. Ma al passo spedito di chi è preso dall’ansia di correre, e di correre ai ripari, magari non per sé ma poco importa, perché, in realtà, quando è Napoli che chiama, si può tirare indietro solo chi alla città ha già voltato le spalle.La Chiesa no: è fatta per amare, allo stesso modo di come Napoli è fatta per farsi amare. E allora ecco, come segno di una sintonia che non è nata oggi, quest’anno fuori registro, un Anno Santo chiamato a presidio di ciò che a Napoli stava per sfuggire dalle mani e soprattutto dall’anima: la speranza. Quel sentimento che semmai avesse bisogno di un tetto stabile sulla testa non potrebbe che trovarlo tra le case «sgarrupate» di questa città che, a sua volta, come a ricambiare il favore, riesce a rendere la speranza qualcosa – o molto di più – di un semplice fremito consolatorio. A fine percorso, quando dalla cattedrale alla piazza del Plebiscito, con le splendide e impegnative parole di Papa Benedetto nel cuore – «Il Giubileo ha aperto il cielo su di voi, come lo Spirito Santo quando discese sui discepoli nel Cenacolo, a Pentecoste» – gli ultimi «romei» hanno sciolto le file, è apparso chiaro che da quel momento si apriva il cammino nuovo per Napoli. E quelle parole del Papa, il Giubileo paragonato a un «Battesimo», hanno colto un doppio segno: per la forza del messaggio e la conferma di un rapporto speciale con la città, una vera predilezione passata a un’altra prova.I passi dei pellegrini da un capo all’altro della città, nell’itinerario di un anno, segnavano non la strada percorsa – tra vie e quartieri conosciuti a memoria – ma quella che ora si spiana davanti: un viale lungo il quale non mancheranno le insidie di sempre, a cominciare dalle consorterie della violenza organizzata e dalla cronica mancanza di lavoro. E senza escludere che ne nasceranno di nuove, visto che neppure a cercarli al mercato del contrabbando Napoli ha mai avuto a che fare con tempi facili.Il pellegrinaggio, in fondo, può sembrare anche un corteo: solo che alla fine non si arrotola né si depone alcuna bandiera. È sempre un «nuovo inizio» a pararsi di fronte. Era quello che Napoli attendeva, e che una Chiesa risoluta e coraggiosa si è fatta cura di preparare: per sé, ma anche e soprattutto per conto di una società smarrita e confusa, preda dei suoi mali, e incapace di sollevarsi da sola. «La speranza di Napoli – ha scritto il cardinale Sepe nella Lettera pastorale conclusiva – si è trovata a un tratto non solo assopita, ma devastata. E sotto i nostri occhi – ha aggiunto – è apparsa una città allo sbando e non più riconoscibile». Di fronte a una realtà di questo tipo, è possibile consumare, come è sempre avvenuto in passato, una congrua serie di analisi. O di alibi, se si preferisce. Ma, per citare un’altra frase forte della Lettera di Sepe, «la Chiesa non è sorta per raccattare alibi». E allora tutto è venuto di conseguenza. Che fare? È stata la domanda che la Chiesa si è posta subito dopo l’altra, più severa: «Dove abbiamo sbagliato?». Il Giubileo è nato così da un’ansia diventata estrema: quella di riequilibrare un rapporto ormai malato tra Napoli e la speranza. Non poteva più bastare il livello della semplice denuncia – che non è mai mancata, ed è stata sempre inequivocabile e forte. Per la svolta occorreva un altro registro, quello di una Napoli come risorsa e non come l’eterna «capitale» di tutte le emergenze. È stata questa la chiave di volta per un discorso di stampo sociale, ma di chiara matrice pastorale. Se è entrato nell’anima della città, è stato perché il Giubileo ha trovato una propria strada sulla scia della pastorale diocesana, e anche per questo è apparso tutt’altro che un evento estemporaneo. Visto all’opera, si è anzi proposto come un’incisiva modalità di nuova evangelizzazione. A luci spente, si può ben dire che il 'Giubileo per Napoli' si è fatto largo anche oltre i confini della Chiesa e della società di appartenenza. Può essere catalogato tra gli eventi esemplari, quelli che fanno scuola e riportano da un lato a una fede più matura e dall’altro sui banchi spesso abbandonati del 'bene comune'. Nell’uno e nell’altro caso è tutta questione di speranza. Napoli, con il Giubileo, ha rimesso le carte a posto.
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